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TGLFF 2016: nell'amore per il cinema il coraggio di essere se stessi

Al via la trentunesima edizione del Torino Gay & Lesbian Film Festival. Il direttore Minerba: "I nostri film hanno dato alle persone il coraggio di fare coming out"

04.05.2016 - Autore: Pierpaolo Festa (Nexta)
"Infiniti sensi, precise direzioni" recita così la frase di lancio della nuova edizione del Torino Gay & Lesbian Film Festival, la trentunesima che apre i battenti dal 4 maggio: sei giorni di cinema a tematica LGBT e un film di apertura - Stonewall di Roland Emmerich - in grado di declinare i suddetti temi nel cinema mainstream.

Un preciso punto di partenza e un punto di arrivo: "Gli infiniti sensi sono quelli che indicano da dove siamo partiti - afferma il direttore artistico Giovanni Minerba - Siamo partiti dal 1969 di Stonewall, l'inizio della battaglia per i diritti gay che viene raccontato nel nostro film di apertura. Le direzioni sono quelle che abbiamo sempre intrapreso nella storia del festival: e cioè la conoscenza, il dialogo e soprattutto l'amore per il cinema che è sempre stato il nostro primo punto". 

 
Dunque una nuova edizione che raffigura il viaggio di questo festival... 
Lo è a tutti gli effetti un viaggio. Partiamo dagli anni Sessanta del film di Emmerich e arriviamo ai giorni nostri, un periodo in cui finalmente abbiamo ottenuto delle certezze. Nel mondo. In Italia è ancora un processo lento.

Ci sono tanti festival nel mondo che esplorano e supportano le tematiche LGBT, quanto possono realmente aiutare la comunità a uscire dall'ombra?
Parecchio. Non vorrei lodarmi da solo ma ho visto personalmente casi in cui ci hanno ringraziati perché eventi come il nostro e i film che mostriamo hanno dato alle persone il coraggio di fare coming out. Sono quei casi lì che ci danno la forza di andare avanti con precise direzioni. 
 
Allarghiamo la panoramica anche sui festival più "generalisti", Cannes, Venezia, Berlino. Qual è la sensazione della comunità gay: quegli eventi si sono aperti alle tematiche LGBT oppure vi danno soltanto un contentino? 
Sì, ormai questi temi vengono affrontati anche all'interno dei festival generalisti ed è molto importante. Del resto il cinema è spesso frutto di quello che giovani autori vivono sulla loro pelle. Quello che succede veramente nelle città. Dunque in quest'epoca ci sono sempre più registi appartenenti alla nostra comunità che vogliono far conoscere la loro realtà. 


Giovanni Minerba, direttore artistico del festival. Foto di Dario Gazziero per www.tglff.it

Poco fa diceva che in Italia il vostro è un cammino un po' più lento rispetto a molti paesi del mondo. Per quanto riguarda il territorio italiano c'è ancora una paura nello spaventare il pubblico di massa con temi forti? Avete aggiustato il tiro nel corso di questi anni?
C'è stata qualche edizione passata in cui la questione sessuale era più evidente sì, ma era un caso. In generale parliamo sempre di attualità e lo facciamo con film in grado di far discutere. Qualche anno fa davanti a questo genere di Festival la gente pensava di trovare soprattutto film di sesso, oggi posso tranquillamente dire che chi pensa solo al sesso non ha capito nulla. 

Certamente, ma i film "forti" e "rischiosi" non mancano. Uno su tutti: Chemsex che esplora quello che succede alle feste in cui ci si ubriaca e ci si droga in gruppo prima di fare sesso...
Quello in un primo momento mi ha provocato timori e dubbi. Sappiamo tutti bene cosa è successo qualche settimana fa a Roma con il caso Varani. Mi chiedevo: "e se lo interpretassero in modo autocelebrativo?" Se qualcuno lo etichettasse semplicemente con: "Ecco, ai gay piace il chemsex!". La verità è che è un documentario molto importante e potente su quella realtà lì, un film in grado di mettere in guardia lo spettatore: non celebra il chemsex ma lo spiega. E' un po' quello che è successo anni fa quando si parlava di AIDS, dunque è cinema che può essere di prevenzione rispetto a questi termini. 



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Abbiamo nominato il Chemsex, parliamo dell'altro tema forte che il festival esplora: le religioni e le cosidette "terapie riparative"...
Be' non è un mistero che l'integralismo religioso sia uno dei motivi della battaglia discriminatoria contro i gay. Come non è un mistero che queste cosiddette "terapie riparative" non abbiano ragione di esistere né siano efficaci secondo l'ottica di chi le propaga. Da dove partono? Da una chiesa, da una legione molto chiusa che impone un certo modo di promuovere ai suoi ascoltatori. E perfino da pseudo-scienziati che pretendono di poter "curare" l'omosessualità, come avviene nella campagna americana. Questi temi vengono raccontanti in uno dei nostri film, Fair Haven, che mostra il reinserimento di un ragazzo reduce da una "clinica per gay" ed esplora come il padre capisca di aver sbagliato e che non ne è valsa la pena. I risultati sono quelli sotto gli occhi di tutti: sono inesistenti.
 
Il discorso sulle religioni è al centro di una serie di incontri che il festival organizza insieme al Dams e all'Università di Torino. Un ciclo di quattro incontri. Cosa può emergere oggi da questo tipo di dibattiti?
Be' c'è sempre il bisogno di parlare ed è quello che facciamo al festival: ci confrontiamo anche durante quei giorni e discutiamo dei film. Si tratta di incontri organizzati dal Dipartimento Studium, dal DAMS e dal Collettivo Identità Unite dell'Università di Torino, insieme al Coordinamento Torino Pride. Poco fa parlavamo di "terapie curative" e "pseudo-scienziati", qui invece siamo dalla parte opposta: è molto importante far conoscere il punto di vista delle persone e degli studiosi e di chi ha la possibilità di dare un tassello in più a qualcuno che ha bisogno di conoscenza. 
 
Il TGLFF - Torino Gay & Lesbian Film Festival partirà il 4 maggio alle 20.30. Ospite musicale sarà Paola Turci, cantante e autrice che rimarrà a Torino per l'intero periodo del Festival come giurata del "Premio Ottavio Mai" insieme ad Alessandro Borghi e Wieland Speck.

Per saperne di più sul TGLFF visitate il sito ufficiale del Festival
 
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