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Joaquin Phoenix: “Vorrei più uomini così sul grande schermo”

Bizzarro e interessante: il protagonista di "Lei" riflette su come è diventato uno dei migliori attori statunitensi in circolazione

12.03.2014 - Autore: P.F.
Joaquin Phoenix è un tipo molto diretto, un uomo in grado di dire tutto quello che gli passa per la mente. È così che, una volta interpellato sugli ultimi tre ruoli per il grande schermo, quelli in cui si è ritrovato a lavorare sui set di Paul Thomas Anderson, James Gray e Spike Jonze, dichiara: “Mi hanno salvato il culo quei tre”. L'attore si riferisce ovviamente al periodo in cui lui stesso ha messo a rischio la sua carriera interpretando il finto documentario I'm Still Here, in cui lo vedevamo con un look bizzarro mentre faceva cose bizzarre, totalmente in preda a un rigetto del concetto di star. “Dopo quel film ho avuto una brutta sensazione – ci racconta l'attore - come se avessi fatto un danno irreparabile alla mia carriera. Sentivo che ci sarebbero voluti dieci anni per risolverlo. Per fortuna ce ne ho messi solo due o tre. E' stato difficile ma non me ne pento, era un qualcosa che volevo tanto fare: la possibilità di realizzare un film insolito. Quando mi hanno richiamato sui set ero felice di tornare ai film 'tradizionali', mi sono sentito più forte ed ero emozionato di far parte di quel processo creativo”.


Joaquin Phoenix in una scena di Lei

Persona che definire complessa sarebbe un eufemismo, Phoenix scatena tutta la sua vulnerabilità in Lei, dove lo vediamo nei panni di un uomo in preda a solitudine che finisce per innamorarsi della voce del suo computer. Una performance acclamata da pubblico e critica, sebbene ignorata dai membri dell'Academy che questa volta non lo hanno nominato nella cinquina del migliore attore protagonista.

Joaquin è questione di fiuto di attore o semplicemente di fortuna quando tiri fuori da una pila alta di script copioni come quello di The Master o Lei?
Mi piacerebbe prendermi il merito della cosa, ma non sarei onesto. La verità è che sono stato anche molto fortunato perché sono stati i registi a venire da me. Loro mi hanno offerto il lavoro.


Innamorato della voce di un sistema operativo: cliccate qui per leggere la recensione di Lei

Eppure la tua performance in Lei è immacolata. Molti hanno usato la stessa parola: “Perfetta”. Ti immagino sul set costantemente nel personaggio, concentratissimo e focalizzato sul non commettere nessun errore. È così?
Non credo. Dovreste vedermi nei primi montati del film, quando ancora non sono nello stadio finale, cioè la forma in cui arriveranno nelle sale. Sono certo che se mi vedeste in quel modo direste: “Ecco il peggiore attore di sempre”. Io non sono uno sportivo ma posso dirvi che i film in un certo senso sono come partite di pallacanestro. Ne stavo guardando una l'altro giorno e c'era questo giocatore che continuava a commettere errori – metteva la palla fuori, sbagliava i tiri - ma alla fine è stato lui a segnare più punti di tutti. Quando guardi la sintesi della partita in TV e vedi soltanto le sue azioni migliori, dici: “Ecco il miglior giocatore di sempre!”. Se avessimo visto la versione integrale, avremmo dovuto riconsiderare questa affermazione. Come nel basket, così nel cinema. La speranza è sempre quella di avere un grande regista che sa selezionare il momento giusto.

Dunque parlami dei tuoi errori in scena. Quanti ne commetti?  
Parecchi. Ho un caro amico che pratica Tai Chi e lui stesso mi ha consigliato di fare tanti errori: “Devi mettercela tutta perché impari soprattutto dagli errori Non cercare di frenarti e proteggerti da essi”. Adesso io li amo gli errori, prima mi facevano paura perché volevo solo essere perfetto poi ho capito che "perfetto" non esiste.


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Per quanto riguarda il tuo personaggio in Lei, quanto è possibile imbattersi in un uomo del genere? Un uomo che si innamora di qualcosa che non è reale?
Tanto. Quando ero un ragazzino mi piaceva pensare che mi sarei innamorato di alcuni personaggi dello schermo. Il protagonista di Lei è un personaggio unico, uno di quelli che non siamo abituati a vedere negli altri film made in USA. Un uomo interessante e sensibile e allo stesso tempo in grado di scioccare con le sue azioni. Non credo sia un grande uomo, però è una persona incredibile, un personaggio magnifico da interpretare. Vorrei tanto che ci fossero più personaggi così per gli attori.

Il tuo Theodore si innamora di un sistema operativo con la voce femminile. Nella versione originale sentiamo la voce di Scarlett Johansson, hai pensato a lei sul set?
No. Ho lavorato con Samantha Morton, la prima attrice scelta da Spike Jonze. Sin dall'inizio delle riprese Spike mi ha detto chiaramente come stavano le cose: “Devo guardare lo schermo quando parlo con lei?” - gli ho chiesto. E lui: “No. Lei non è soltanto dentro quel computer, lei è ovunque”. Dunque mi sono ritrovato a non pensare a una persona in particolare, non ho nemmeno immaginato Samantha.


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Il film parla di un futuro prossimo in cui ci innamoreremo a tutti gli effetti della tecnologia, tu quanto ne sei dipendente?
Mi piacciono gli aggeggi elettronici e mi documento leggendo le riviste che indicano i nuovi oggetti tecnologici appena usciti. Ma non ne sono innamorato, né sono contrario. Mi piace la tecnologia per come mi permette di ascoltare musica sul telefono e fare foto. Allo stesso tempo può avere i suoi effetti collaterali. È il modo in cui la usi, non quanto la usi. Dire che la tecnologia è un male è una cosa ridicola. Può mettere insieme le persone e fargli fare una rivoluzione. È una cosa incredibile!

Quanto sei dipendente dai social media. Non hai un account Twitter o Facebook?
Parte di me è affascinata da questa cosa, ma credo che sarei noioso: conduco una vita tradizionale e faccio sempre le stesse cose nello stesso posto. Sto a casa e porto a spasso il cane. Se avessi una vita più cool penso che sarebbe fantastico raccontarla alle persone. La cosa bella dei social è che permettono alla gente che ha problemi ad integrarsi di avere accesso sul mondo. Perfino persone che vivono in zone remote sono in grado di avere questa esperienza. Immaginiamo un ragazzo che vive nell'America conservatrice e che è gay. Uno che vorrebbe cercare persone che ne sanno più di lui su questa esperienza. In questo modo non si sentirebbe solo. E questa cosa è fottutamente geniale! I social hanno aiutato ad abbattere la solitudine nel mondo. Quindi gli effetti positivi superano quelli negativi.


Barbuto e matto in I'm Still Here, mockumentary diretto da Casey Affleck

L'ultima domanda è quella tradizionale: qual era il poster che avevi in camera da ragazzino?
Nessun poster, ma ti racconto questa: avevo due autografi quando ero un ragazzino e li custodivo con grande devozione, quello di Erik Estrada, il Johnny Poncherello della serie CHiPs, e quello di John Travolta. E alla fine mi sono trovato a recitare con entrambi!

Lei, in uscita il 13 marzo, è distribuito da BIM Distribuzione.

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