Trentasei nomination nella categoria miglior film straniero: di queste dodici statuette portate a casa, più una trentina assegnate in tutte le altre categorie. Messi da parte i numeri alti, la Francia non rappresenta semplicemente un peso massimo internazionale sul ring degli Oscar, quella tra la nazione d'oltralpe e l'Academy è una vera storia d'amore il cui apice è stato raggiunto nella notte di due anni fa con la vittoria di The Artist di Michel Hazanavicius, premiato con cinque statuette (su un totale di dieci nomination), inclusa quella al miglior film. Improvvisamente essere francese non era più soltanto fonte di grande orgoglio in patria, si parlava di “Oscàr” pronunciato con tanto di accento: quel momento d'oro della Francia sotto i riflettori dell'entertainment mondiale è stato incarnato dal volto perfettamente espressivo di Jean Dujardin che – una volta impugnata la statuetta – esclamò davanti alla platea hollywoodiana: “I love your Country!”.
Tenuti da parte i rituali della magia dello showbusiness è certo che quella statuetta ha rappresentato la consacrazione di un lavoro coraggioso. È stato lo stesso regista a definire The Artist “un progetto frutto di pazzi che hanno contribuito a finanziarlo”. Un film, omaggio al cinema muto, girato in bianco e nero e interpretato da attori semi-sconosciuti: “Credevamo di aver realizzato qualcosa da mettere in circolazione solo in occasione di Festival cinematografici – ha dichiarato Hazanavicius – Un film che sarebbe piaciuto solo alla critica. Non mi sarei mai aspettato questo enorme successo”.
Marion Cotillard è Edith Piaf in La vie en rose (2007)
Nel corso degli anni l'Academy ha sempre ceduto al fascino del cinema francese, innamorandosi dei suoi divi. Partecipare alla Notte degli Oscar ha rappresentato l'ingresso più rapido per alcuni volti stranieri all'interno dell'establishment hollywoodiano. Perfino non parlando perfettamente inglese, Dujardin - primo e unico vincitore francese nella categoria migliore attore protagonista - ha da lì a poco ricevuto le offerte di George Clooney che lo ha voluto tra i suoi Monuments Men e di Martin Scorsese che gli ha affidato un ruolo chiave nel capolavoro The Wolf of Wall Street.
Tra gli altri performer arruolati in mega-produzioni degli Studios bisogna citare Marion Cotillard – prima attrice della storia a vincere la statuetta per un ruolo interamente recitato in francese, quello in La vie en rose (2007) - che nel giro di pochi anni è diventata la musa di registi come Michael Mann e Christopher Nolan. Se non sono i contratti degli Studios, allora si tratta semplicemente di trend: questo è il caso di Bérénice Bejo, diventata istantaneamente un sex symbol all'indomani di The Artist.
Depardieu in Cyrano di Bergerac (1990)
I nuovi volti potenti del cinema francese raccolgono l'eredità di leggende come Gerard Depardieu, Juliette Binoche (premiata con l'Oscar per Il paziente inglese) e, guardando al passato, anche Claudette Colbert che stregò l'Academy anche grazie alla sua eccellente padronanza dell'inglese nei primi anni del cinema parlato. Fu lei la prima attrice francese a essere nominata e vincere l'Oscar per il suo ruolo nel classico eterno Accadde una notte (1934). Il gigantesco Depardieu, invece, ha segnato un record: è stato il primo e l'unico attore protagonista a essere nominato per un ruolo interpretato interamente in francese, quello di Cyrano de Bergerac, battuto nel 1991 dal Von Bulow di Jeremy Irons. L'altro record è stato segnato lo scorso anno con la nomination a Emmanuelle Riva, che con i suoi ottantacinque anni diventava la più anziana nominata agli Oscar nella categoria migliore attrice protagonista.
Quando si parla di notte delle stelle è inevitabile citare anche sconfitte o beffe, come quella tirata a Il favoloso mondo di Amelie, plurinominato in diverse categorie e rimasto a bocca asciutta. Tornando indietro nel tempo bisogna segnalare anche Charles Boyer, attore francese nominato ben quattro volte e mai vincitore. L'Academy, però, si è fatta perdonare nel 1942 assegnandogli un premio alla carriera.
Il grande sconfitto del 2002: Il favoloso mondo di Amelie
Beffe a parte, c'è sempre spazio per premiare (ma mai abbastanza) i maestri dietro la macchina da presa: come i padri della Nouvelle Vague Truffaut e Godard, vincitori di un Oscar per ciascuno. Stessa sorte è toccata a Roman Polanski (regista polacco “naturalizzato” francese), vincente (ma assente per ovvie ragioni) agli Oscar con Il pianista nel 2003.
Quest'anno la Francia concorre agli Oscar in diverse categorie: rappresentata da Julie Delpy (nominata come migliore sceneggiatrice per Before Midnight, la abbiamo intervistata qui), Bruno Delbonnel e Philippe LeSourd, nominati rispettivamente per la migliore fotografia di A proposito di Davis e The Grandmaster, Pierre Coffin e Didier Brunner, candidati per il miglior film d'animazione (registi di Cattivissimo me 2, Ernest e Celéstine).
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24.02.2014 - Autore: Pierpaolo Festa