In un mondo migliore

In un mondo migliore - Locandina

Il dottor Anton, che opera in un campo profughi in Sudan, torna a casa nella monotona tranquillità di una cittadina della provincia danese. Qui si incrociano le vite di due famiglie e sboccia una straordinaria e rischiosa amicizia tra i giovani Elias e Christian. La pellicola vince il Premio Oscar come miglior film straniero alla 83ma edizione degli Academy Awards.

VALUTAZIONE FILM.IT
TITOLO ORIGINALE
Hævnen
GENERE
NAZIONE
Sverige
REGIA
CAST
DISTRIBUZIONE
Teodora Film
DURATA
100 min.
USCITA CINEMA
10/12/2010
ANNO DI DISTRIBUZIONE
2010

All'Occidente piace immaginarsi come un modello di civilizzazione da esportare, ama vedersi come un mondo migliore a cui aspirare, ma Susanne Bier si prende la briga di dissentire o per lo meno insinuare il dubbio, di alzare la mano e chiedere conto delle contraddizioni che la nostra società produce, o meglio ancora che la nostra natura contempla, azzardando l'accostamento tra un conflitto tribale africano e un episodio di bullismo in Danimarca. Si aprono così le porte di un melodramma morale che perlustra diverse forme di violenza e che si interroga sulla possibilità di ristabilire l'ordine del civismo sul caos, sull'ignoranza, sulle offese gratuite, sulle prevaricazioni quotidiane, le prepotenze, sulle ferite inflitte anche involontariamente, su quelle procurate per debolezza, sulla paura, la rabbia, la perdita. Purtroppo l'educazione ha un ruolo importantissimo ma parziale se gli stimoli che arrivano da tutte le parti viaggiano in direzione contraria. Non possiamo davvero illuderci di essere immuni a questo caos, come se sul mondo si potesse esercitare qualche forma di dominio; non possiamo credere di escludere noi e i nostri figli dalle imprudenze o dal contatto con un universo che, anche dietro la placida eleganza di una ricca cittadina nordica, sa spalancare abissi di inquietante brutalità. E non dobbiamo tuttavia mai smettere di provarci.

Un padre medico idealista presta servizio come missionario in un campo africano. In Danimarca ha un matrimonio in crisi e due figli. Il più grande subisce le angherie dei bulletti della scuola. Un altro padre soffre la perdita della compagna e non riesce a scavalcare l'alienazione del proprio dolore per confrontarsi con quello del figlio pieno di rabbia. I due ragazzini si incontrano e stringono un drammatico legame che traduce il disagio in una sperimentazione sventata sulla violenza.

Susanne Bier ci accompagna in questo complesso quadro di disfunzioni familiari tessendo una tela ricca di tensione e ambiguità che però cede in un paio di momenti (l'inizio e la fine, ma più in generale la parte africana della pellicola) a qualche scivolone nell'eccesso e nell'equivocità. Il film è oggettivamente ambizioso, ma riesce a muoversi con disinvoltura, coraggio e volontà nelle pieghe di caratterizzazioni articolate e sempre molto dense grazie anche al sostegno di un cast robustissimo. La regia è elegante e coinvolgente e conferma il talento della Bier nel navigare con sensibilità tra le insidie di storie corali difficili che fanno riflettere e sondano zone profonde e universali.

Non stupisce quindi che la Danimarca abbia scelto “In a better world” per la sua personale corsa agli Oscar. E non sorprenderebbe neanche la sua ammissione nella cinquina finale.

Ludovica Sanfelice