Torino Film Festival 2014
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Esclusiva: Tiziano Sclavi, l'anima tormentata di Dylan Dog

Intervista a Giancarlo Soldi, autore del documentario sulla vita di Sclavi, Nessuno siamo perfetti

Dylan Dog

28.11.2014 - Autore: Marco Triolo
Tiziano Sclavi è stato prosciugato da Dylan Dog, al punto da non volere più scrivere. È una grande perdita e per questo volevo raccontarlo”. Giancarlo Soldi, regista cinematografico e televisivo, oltre che documentarista, ha presentato così al Festival di Torino Nessuno siamo perfetti, documentario che intende fare luce su “uno dei più grandi sceneggiatori italiani del Ventesimo Secolo”, le cui opere sono state lette da milioni di persone, “dall'idraulico a Umberto Eco”. Sclavi, nel corso della sua vita, ha sofferto di depressione e ha combattuto con la dipendenza dall'alcol. Ora ha trovato un equilibrio, ma ha scelto di non scrivere più e vive lontano dai riflettori. Il documentario non poteva uscire in un momento migliore, proprio nei mesi in cui sta prendendo forma, sulle pagine di Dylan Dog, la rivoluzione del personaggio affidata a Roberto Recchioni (qui la nostra intervista). Di questo e altro abbiamo parlato in esclusiva con Soldi.


Tiziano Sclavi

Partiamo con una doppia domanda: qual è stato il tuo primo impatto con Sclavi e con Dylan Dog?
È uguale, coincide. Conoscevo Tiziano fin da quando scriveva sul Corriere dei ragazzi. Io leggo fumetti da sempre, anche adesso: leggo Bonelli, Spirou, Il Giornalino, fumetti americani, supereroi, graphic novel. Non ho paura di leggere fumetti e ho conosciuto persone molto interessanti così. Ad esempio Frank Miller, che cito anche nel film.

A questo proposito: il fumetto in Italia è da sempre guardato con sospetto, considerato un prodotto di basso profilo. Secondo te è cambiato qualcosa? Sclavi e Dylan Dog hanno avuto un qualche impatto?
Dylan Dog è molto riconosciuto dall'intellighenzia italiana, viene letto dall'idraulico come da Umberto Eco. Indubbiamente non è così dappertutto, ad esempio non ho avuto nessun sostegno dal ministero per questo film, nessun riconoscimento culturale. Ancora una volta mi dicono: “Sono fumetti”. Ma io non racconto fumetti, racconto persone, storie, racconto un mondo.

E poi stiamo parlando di un autore che non ha realizzato solo fumetti. Basterebbero quelli per definire Sclavi uno scrittore, ma lui ha anche scritto romanzi...
Esatto, ha scritto nove libri. Ma poi i suoi fumetti vendono milioni di copie! E non stiamo parlando di pochi milioni, ma di decine di milioni. Questo vuol dire essere capaci di parlare con la gente, una cosa spesso dimenticata che richiede una grande capacità e non è facile.

Come hai scelto le persone intervistate nel documentario? C'è un pasticcere, ma c'è anche Dario Argento...
È stato molto difficile. Nel mio documentario precedente, Come Tex nessuno mai, ho cercato i lettori eccellenti per contornare Sergio Bonelli, perché mi piaceva idea di racchiuderlo in qualcosa che fosse tranquillizzante per lui. Invece per Tiziano ho scelto persone che erano emotivamente coinvolte. Ci sono moltissime donne di tante età diverse, perché Dylan Dog ha sdoganato il pubblico femminile. Quella è stata la prima scelta. Per il resto, uno che fa dolci e che ti racconta di sua figlia mi sembra molto importante. Argento l'ho scelto perché è uno dei miti di Sclavi, e non ha caso Sclavi ha usato Francesco Argento come pseudonimo nel suo primo libro. E poi ho incluso le persone della redazione vicinissime a lui. Alfredo Castelli è un amico con cui Tiziano è stato tanti anni, Mauro Marcheselli è il direttore della Bonelli e l'unico che lo vede con frequenza assidua, Michele Masiero è il primo che ha scritto un saggio su di lui. Penso che il film sia emotivamente coinvolgente.


Il regista Giancarlo Soldi

È curioso come invece siano assenti Claudio Villa e Angelo Stano, che hanno creato Dylan insieme a Sclavi...
Il motivo è semplice: non volevo raccontare Dylan Dog, ma Sclavi. Ho scelto un solo disegnatore da intervistare, perché era quello più eticamente lontano dall'universo di Tiziano. Mi premeva vedere come lui mi avrebbe raccontato le scelte che ha dovuto fare.

Nelle interviste, Sclavi è terribilmente onesto, si apre completamente su alcolismo e depressione. Fa così con tutti quelli con cui parla, per esorcizzare i suoi demoni, o lo ha fatto con te perché era a suo agio?
Considera che praticamente non esiste alcun documento filmato su di lui. Con me l'ha fatto perché siamo amici, abbiamo condiviso tante cose insieme, certo fumetto francese, certa musica. È stato lui a farmi leggere Il ritorno del cavaliere oscuro di Miller, se l'è fatto spedire dagli Stati Uniti e me l'ha regalato; da lettore di fumetti è un segnale forte. Gli amici sono così.

Un ricordo del lavoro con lui su Nero, il tuo film da lui scritto?
È stato bellissimo. Noi abbiamo cercato di fare un film su Dylan all'inizio, ma nessuno lo voleva. Lui aveva visto un mio film che era andato a Berlino e volevamo fare comunque qualcosa insieme. Così mi ha mandato due storie: una era un po' troppo piena di zombi per me, l'altra era bella e l'abbiamo fatto.

A che punto siete arrivati con Dylan? Avevate scritto una sceneggiatura?
No, abbiamo presentato il progetto. Lui aveva fatto un dossier intero da portare ai produttori, ma non ci fu niente da fare. All'inizio Dylan Dog non era così forte come divenne in seguito, ebbe il primo impatto soprattutto sul pubblico femminile e giovanile. La gente non aveva capito che era un fenomeno sociale, una delle cose più travolgenti in Italia.



La Bonelli oggi è in fase di rinnovamento: era da Dylan Dog che non c'era un cambiamento così, e poi c'è il cambiamento di Dylan stesso. Cosa ne pensi?
Ce n'era bisogno, è bello poter cambiare, ed è giusto. La trasformazione fa parte dei nostri tempi, più stiamo fermi meno andremo avanti. Se non si osa non si sbaglia, e forse è meglio sbagliare.
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