Dal Sundance alla distribuzione statunitense (e al circuito indipendente nazionale), passando per Cannes. Alla Quinzaine des Réalisateurs 2014, Cold in July e' stato uno dei film piu' attesi. E comprensibilmente. Per la firma del regista (il Jim Mickle del recente cannibal-remake We Are What We Are), per l'origine letteraria (l'omonimo romanzo cult di Joe R. Lansdale) e per un trio di interpreti che - per diversi motivi - continuano a vivere un momento caldo.
E' facile farsi confondere dalla messa in scena che Mickle porta sullo schermo, a partire dal testo di un autore ben noto per infondere un tono particolarmente surreale alle sue storie. Dopo il geniale Bubba Ho-Tep e gli Zombi natalizi, questa discesa agli inferi texana ha molte venature diverse, rese perfettamente dagli attori scelti, Don Johnson e Sam Shepard soprattutto. Sono loro che permettono questo equilibrio incostante, l'oscillare e il compenetrarsi continuo di drammaticita' e sarcasmo disilluso, e che rendono creadibili le 'cadute' di stile (volute, ovviamente, sin dalla scrittura) piu' ridicole.
La star piu' attesa e' pero', probabilmente, Michael C. Hall, l'ex Dexter televisivo, gia' visto in un ruolo laterale (per quanto importante) in Giovani ribelli - Kill Your Darlings. Ma per quanto protagonista principale, sarebbe difficile per il film poggiare sulla sua sola interpretazione senza le due suddette colonne. Difficile non farsi distrarre dalle memorie televisive nel ritrovare quelle stesse espressioni a esprimere dolore, sorpresa, preoccupazione paterna, rabbia e 'dark side', ma il buon Michael sembra non avere uno spettro molto ampio a livello recitativo. O, almeno, mostra qualche difficolta' a emergere dal fronte carismatico e gigione dei suoi due compagni (tra i quali, va detto, Don Johnson continua a sorprendere per capacita' di reinventarsi e scegliere i propri ruoli).
Meriti e demeriti di una sceneggiatura che riesce a giocare con Pulp e provincia, tenendo a mente le lezioni del genere (e dei Coen), ma che complessivamente sembra dilungarsi. Questo, ovviamente, nella sua trasposizione filmica; ma la gestione di Mickle del testo risente di un forte condizionamento della pagina scritta, che cerca di superare affidandosi - forse eccessivamente - alle pur valide maschere scelte e ai contrappunti di un commento musicale troppo presente a tratti. Due elementi pregevoli e non disdegnabili, ma che sulle quasi due ore di sviluppo finiscono per evidenziare qualche fragilita' narrativa.
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NOTIZIE
Cold in July - La recensione da Cannes
Michael C. Hall e' l'uomo del Passeggero Oscuro, anche in questo anomalo Pulp con Don Johnson e Sam Shepard.
22.05.2014 - Autore: Mattia Pasquini, da Cannes