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Venuto al mondo - un secondo parere

Venuto al mondo divide il pubblico dei critici. La seconda opinione positiva sul film

Penelope Cruz e Emile Hirsch - Venuto al mondo

06.11.2012 - Autore: Alessia Laudati
Qui la prima recensione di Venuto al mondo

Venuto al mondo adatta sullo schermo circa 600 pagine di scrittura emotiva e descrittiva serratissima, raccontando la maternità, la condizione dell'assedio, l'amore, la morte, e finisce per interrogarsi sul nocciolo essenziale dell'essere genitori. E' forse il possedere lo stesso sangue, gli stessi geni? Oppure semplicemente, di amore e sempre di amore si tratta? Il risultato finale è un buon melò che mira al racconto dei grandi archetipi di amore e morte, sorreggendo il discorso con tesi sottili e raffinate. E paga per questo il peso delle proprie scelte. Spesso quelle che appaiono come soluzioni azzardate, esplosioni di dialogo, possono essere comprese riflettendo sulla struttura complessa del film che mette al centro i ritratti umani e descrive diverse energie vitali. Per realizzare una storia di passioni, la pellicola punta dritto all'intelligenza emotiva del pubblico, realizzando una messinscena che polarizza gli estremi. Stringe sui volti, oppure allarga sulle vedute dall'alto e non conosce dimensioni intermedie, specialmente nella recitazione.

E allora Penelope Cruz nei panni di Gemma, mantiene l'intensità del dramma per più di due ore di film, attraversando diverse età e trasformazioni fisiche, mentre Emile Hirsch, acquista la vitalità e la stranezza del Diego personaggio. Un carattere maschile capace di grandi slanci provenienti dal nulla, con un'energia buffa tutta proiettata verso l'esterno. “Venuto al mondo” nel restringere tanto materiale letterario, compie delle scelte che spesso lo costringono ad improvvise accelerazioni, a tagliare lo scorrimento lineare della storia, per arrivare a ciò che realmente caratterizza il film, il dramma e la centralità della carne. Chi cerca le scene di guerra, rimarrà deluso dal vedere solamente qualche bombardamento sullo sfondo, improvvisamente dimentico che l'assedio di Sarajevo, questo il contesto del film, fu uno scontro particolare tra civili, tra cecchini pronti a sparare sulla folla, tra persone che improvvisamente decisero di ammazzarsi nel peggiore dei modi affrontandosi corpo a corpo in nome della pulizia etnica. E' questa corporeità sempre in primo piano, anche quando infranta e violata, a rappresentare il centro del film, il ricordo sentito di un conflitto assurdo fatto di uomini e di corpi. Certo, improvvisi salti di sceneggiatura e flashback zoppicanti frammentano una pellicola certamente non perfetta, ma che non merita di certo i fischi copiosi delle platee dei festival internazionali.