Venuto al mondo
Carica di ricordi degli anni di guerra, Gemma si reca a Sarajevo con suo figlio Pietro per assistere a una mostra in memoria delle vittime dell'assedio, che include le fotografie del padre del ragazzo. Diciannove anni prima, Gemma lasciò la città in pieno conflitto con Pietro appena nato, lasciandosi alle spalle suo marito Diego, che non avrebbe mai più rivisto, e l'improvvisata famiglia sopravvissuta all'assedio: Gojko, l'irriverente poeta bosniaco, Aska, la ribelle ragazza musulmana e la piccola Sebina. L'intenso amore e la felicità tra Diego e Gemma non erano abbastanza per colmare l'impossibilità di Gemma a concepire figli. Nella Sarajevo distrutta dalla guerra, i due trovarono una possibile surrogata, Aska. Gemma spinse Diego tra le sue braccia per poi essere sopraffatta dal senso di colpa e dalla gelosia. Ora una verità attende Gemma a Sarajevo, che la costringe ad affrontare la profondità della sua perdita, il vero orrore della guerra e il potere di redenzione dell'amore.
Il passato torna in maniera prepotente nella vita di Gemma quando riceve
la telefonata del vecchio amico Gojco, il quale la invita a ritornare a
Sarajevo molti anni dopo la fine del conflitto. La donna decide di
partire portando con sé suo figlio Pietro, a cui è legato il ricordo di
Diego, giovane fotografo che Gemma ha conosciuto negli anni '80 proprio
nella ex-Jugoslavia. Ripercorrere le tappe della sua passione per
quell'uomo, l'amore che li ha legati per anni nonostante la scoperta
della sterilità di lei, l'orrore della guerra che li ha segnati per
sempre, riporterà a sanguinare vecchie e profondissime ferite che Gemma
credeva rimarginate.
Dopo Non ti muovere e La bellezza del somaro, ecco presentata al Toronto Film Festival la terza collaborazione tra la scrittrice Margaret Mazzantini e l'attore/regista/marito Sergio Castellitto.
Se il primo incontro si era rivelato fruttuoso a livello artistico e il
secondo comunque bizzarro nonostante tutti i suoi difetti, questo nuovo Venuto al mondo è un'operazione abbastanza complicata da assimilare. Tutti i flashback
ambientati prima e durante la guerra di Bosnia-Herzegovina contengono
infatti una serie di luoghi comuni, sia nel racconto
che nella definizione dei personaggi. La figura di Diego ad esempio,
nonostante un brevissimo dialogo che ne racconta velocemente la
backstory, agisce come un “tipo fisso” caratterizzato in maniera troppo
approssimativa, per nulla sfumato poi dall'interpretazione scoordinata di un Emile Hirsch che ultimamente non sembra più trovare l'ispirazione dei tempi passati.
Come melodramma sulla ricerca delle proprie radici e sull'accettazione
dell'orrore del conflitto, Venuto al mondo sbaglia approccio e si perde
in quadretti inefficaci. Castellitto poi non riesce a focalizzare bene
ciò che vuole raccontare e la sua messa in scena propone momenti di
retorica come la scena in cui i protagonisti ballano sulla musica dei
Nirvana mentre fuori dalla finestra si vedono le bombe che devastano
Sarajevo. Se voleva essere una metafora, avrebbe dovuto essere
presentata con maggiore sensibilità.
Se all'inizio Venuto al mondo è un lungometraggio completamente scentrato, bisogna però ammettere che nella seconda parte si compatta, pur rimanendo un melodramma non particolarmente coinvolgente.
La storia trova un centro narrativo più definito, gli eventi si
susseguono con maggiore logica, e soprattutto ci sono molti meno
scivoloni verso l'ovvio. Il film arriva in porto in maniera più
accettabile di come era partito.
Per quanto riguarda la direzione degli attori abbiamo detto di un Emile
Hirsch eccessivamente sopra le righe, poco aiutato comunque da un
carattere mal scritto. Meglio riesce a fare Penélope Cruz,
discreta ma niente più nell'approfondire il personaggio di Gemma. Anche
a lei purtroppo vengono affidati alcuni dialoghi difficili da rendere
credibili. Alla fine come sempre il migliore in scena è proprio Sergio
Castellitto, il quale nelle poche scene a disposizione rimane comunque
asciutto e credibile.
Di Adriano Ercolani