Paul Feig è un regista che ama le donne. Ne Le amiche della sposa ribaltava i canoni, raccontava le sue eroine senza inibizioni, alcune volte con una volgarità al limite. Corpi da reato giocava sulla coppia pirotecnica composta da Sandra Bullock e Melissa McCarthy. Una puritana, l’altra abbastanza sboccata: due poliziotte da finimondo pronte a combattere il crimine. Un buddy movie in rosa. Sulla stessa falsariga Feig ha realizzato Spy due anni dopo, e nel 2016 ha addirittura deciso di girare il remake di Ghostbusters-Acchiappafantasmi, tutto al femminile (i fan hanno gridato allo scandalo).
Feig sceglie di essere politicamente scorretto, di andare contro il buongusto, di sfidare lo spettatore. Esagera spesso nei toni, costruisce “dame” più vicine a un camionista che a una reginetta di bellezza. Usa la commedia per intrattenere, con una velata critica alla società moderna. Con Un piccolo favore, dà vita al suo film più estremo, dalle molte sfumature. I generi si fondono tra loro, si passa dal crime movie al grottesco, con lo stesso sfrontato divertimento.
Ancora una volta gli opposti si scontrano: la mamma/vedova iperattiva contro la femme fatale, che vive in una casa da mille e una notte, incline a ogni tipo di eccesso, la bionda della porta accanto, che beve Martini alle 5 del pomeriggio ed è sposata con uno scrittore di successo. Ed è proprio da lei che si mette in moto il mistero. Una sparizione alla Gone Girl, un marito sconvolto, un intrigo con continui ribaltamenti di fronte.
Feig con intelligenza mette subito le carte in tavola. “Saremo mica ne I diabolici? È un trucco per ammazzarmi?”, urla un’amante sull’orlo di una crisi di nervi. Citazione di lusso a un pilastro degli anni Cinquanta, diretto dal grande Clouzot, un noir francese da manuale. Così il regista traccia la rotta, svela il modello, per poi cambiare di nuovo destinazione. Si immerge nel torbido, abbraccia il thriller, sconfina nel demenziale.
Leggi anche i Migliori romanzi femministi
Tutto inizia con l’inquadratura frontale della protagonista, che sul suo vlog annuncia la sparizione della migliore amica. Record di visualizzazioni, successo in arrivo. Da madre modello, si improvvisa Sherlock Holmes. Tradimenti, relazioni pericolose, apparizioni, incubi che tornano dal passato.
Quindi che cos’è Un piccolo favore? Un ibrido, un’avventura forse troppo sfaccettata, un progetto ambizioso. Ma di sicuro si rivela il titolo più interessante targato Paul Feig. Che restituisce la schizofrenia della nostra epoca, mette in scena una guerra #metoo in grande stile, con depistaggi, vestiti sgargianti, aperitivi “letali” nei cimiteri. Alieno, decisamente borderline, Un piccolo favore perde la rotta, la ritrova e affonda nel finale. Ma le acque tempestose della parte centrale regalano qualche genuina emozione.
Un piccolo favore, in sala dal 13 dicembre, è distribuito da 01 Distribution
Feig sceglie di essere politicamente scorretto, di andare contro il buongusto, di sfidare lo spettatore. Esagera spesso nei toni, costruisce “dame” più vicine a un camionista che a una reginetta di bellezza. Usa la commedia per intrattenere, con una velata critica alla società moderna. Con Un piccolo favore, dà vita al suo film più estremo, dalle molte sfumature. I generi si fondono tra loro, si passa dal crime movie al grottesco, con lo stesso sfrontato divertimento.
Ancora una volta gli opposti si scontrano: la mamma/vedova iperattiva contro la femme fatale, che vive in una casa da mille e una notte, incline a ogni tipo di eccesso, la bionda della porta accanto, che beve Martini alle 5 del pomeriggio ed è sposata con uno scrittore di successo. Ed è proprio da lei che si mette in moto il mistero. Una sparizione alla Gone Girl, un marito sconvolto, un intrigo con continui ribaltamenti di fronte.
Feig con intelligenza mette subito le carte in tavola. “Saremo mica ne I diabolici? È un trucco per ammazzarmi?”, urla un’amante sull’orlo di una crisi di nervi. Citazione di lusso a un pilastro degli anni Cinquanta, diretto dal grande Clouzot, un noir francese da manuale. Così il regista traccia la rotta, svela il modello, per poi cambiare di nuovo destinazione. Si immerge nel torbido, abbraccia il thriller, sconfina nel demenziale.
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Tutto inizia con l’inquadratura frontale della protagonista, che sul suo vlog annuncia la sparizione della migliore amica. Record di visualizzazioni, successo in arrivo. Da madre modello, si improvvisa Sherlock Holmes. Tradimenti, relazioni pericolose, apparizioni, incubi che tornano dal passato.
Quindi che cos’è Un piccolo favore? Un ibrido, un’avventura forse troppo sfaccettata, un progetto ambizioso. Ma di sicuro si rivela il titolo più interessante targato Paul Feig. Che restituisce la schizofrenia della nostra epoca, mette in scena una guerra #metoo in grande stile, con depistaggi, vestiti sgargianti, aperitivi “letali” nei cimiteri. Alieno, decisamente borderline, Un piccolo favore perde la rotta, la ritrova e affonda nel finale. Ma le acque tempestose della parte centrale regalano qualche genuina emozione.
Un piccolo favore, in sala dal 13 dicembre, è distribuito da 01 Distribution