La storia vera di Louis Zamperini, atleta olimpico e reduce della Seconda Guerra Mondiale, e' una buona base per l'Opera Seconda di Angelina Jolie da regista. Dopo In the Land of Blood and Honey, e prima di By the Sea (e forse di Africa), questo Unbroken unisce la spettacolarita' del cinema bellico che tanto sembra interessare la poliedrica artista all'intensita' di un racconto esemplare di quelli che piacciono tanto all'Academy.
E probabilmente proprio l'Academy potrebbe concedere l'onore di qualche nomination a questo film di affermazione, crescita e scoperta che in mano alla dichiaratamente atea Angelina non sfugge prevedibili retoriche pur senza perdere di credibilita'. Meriti e responsabilita' sono sicuramente da dividere tra la regista e gli scenggiatori, compresi Joel e Ethan Coen subentrati a produzione iniziata, ma se da un lato sorprendono (anche visti i nomi in questione) certe prolissita' e didascalismi, dall'altro il film ha sicuramente delle frecce nel proprio arco.
Location e fotografia riempiono gli occhi e l'epopea di questo eroe comune ha quel tocco di esemplare ed edificante che tanta presa mostra di avere sul grande pubblico (sicuramente quello statunitense, particolarmente bravo a sospendere l'incredulita' ed emozionarsi per storie come questa), anche se una maggior asciuttezza avrebbe giovato al racconto della incredibile vita di Louis Zamperini, italoamericano classe 1917, atleta olimpico ed eroe di guerra.
Le massime paterne e fraterne elargite nella premessa si scoprono a lungo andare fin troppo rivelatorie, e proprio l'investitura di una valenza quasi morale toglie forza epica alla trasposizione della biografia (Sono ancora un uomo di Laura Hillenbrand) di un personaggio tanto forte. Eccessivamente forse, integerrimo e solido, che' paradossalmente si finisce per patire tanta monoliticita' e - in definitiva - bidimensionalita'. Mancano le sfaccettature mostrate nell'eta' giovanile - apparentemente piu' critica e inquieta, per altro richiamata solo nelle nostalgie familiari e spesso attraverso riferimenti gastronomici - e la drammatizzazione che una conclusione piu' incerta avrebbe consentito.
La (troppo) lunga galoppata verso il trionfale e conciliatorio finale, invece, a tratti annoia e consente al pubblico delle fughe - con la mente, almeno - pericolose per gli intenti del film. Empatia ed emozioni a parte, si acquista presto la consapevolezza della sequela di lieti fini (sportivi, marittimi e bellici) che ci aspettano, salvo - probabilmente - quello finale, affidato ai pannelli pre titoli di coda e che potra' contentare soprattutto il pubblico piu' 'fedele' sottolineando ulteriormente una sottesa e crescente cristianita' della vicenda e della figura.
Meglio godersi il percorso nel suo svolgersi, come ci viene consigliato dallo stesso film (riferendosi alla vita, in realta'), e le sua singole sezioni: le Olimpiadi di Berlino, la lunga deriva oceanica (con gli immancabili e bistrattati squali e il curioso fenomeno di rasatura naturale dopo oltre un mese in mare) e la permanenza nel campo giapponese (sevizie e dure critiche da parte degli storici nipponici comprese). Una nota interessante: la scelta di tenere intere scene del film non doppiate e recitate nella lingua originaria, italiana e giapponese. Intento realistico che avremmo apprezzato vedere con piu' costanza nel corso dei 137 minuti complessivi.
Unbroken, in uscita il 29 gennaio 2015, e' distribuito da Universal Pictures
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27.12.2014 - Autore: Mattia Pasquini