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Un valzer tra gli scaffali - La recensione di una delle storie d'amore più intense dell'anno

Un amore che nasce in un supermercato, la difficoltà di stare al mondo raccontata con spirito magico. Un piccolo trionfo

Rogowski

18.02.2019 - Autore: Gian Luca Pisacane
In un periodo in cui il cinema ha deciso di dar voce agli scontri sindacali, alle sfide al capitalismo, all’ingiusto strapotere dei padroni, Un valzer tra gli scaffali suona come una serenata in tempo di guerra. Il regista Stéphane Brizé mantiene il suo spirito militante (En Guerre), Guillame Senez racconta le difficoltà di conciliare famiglia e lavoro (Le nostre battaglie). Invece Thomas Stuber sceglie di andare controcorrente, con una delle love story più intense dell’anno. Quella dei protagonisti è una passione silenziosa, un rapporto impossibile, che va contro le convenzioni. Il loro amore si esprime con gli sguardi, i piccoli gesti: una candela su una merendina per festeggiare il compleanno, le mani che si sfiorano, i silenzi condivisi.

Nel grigiore della Germania di provincia non c’è posto per la felicità, per dar sfogo ai propri sentimenti. Tutto è trattenuto, misurato, quasi monocromatico. Si racconta la quotidianità, le azioni ripetute, la solitudine di esseri umani che vivono come isole. Il mondo è quasi tutto racchiuso tra le mura di un supermercato. Gli impiegati entrano col buio e tornano a casa quando è notte, la luce del giorno è stata sostituita dai neon dell’azienda.



Ma Stuber non vuole fare polemica, rivendicare i diritti, urlare contro il sistema: la sua sfida è quella di trovare la poesia tra gli scaffali. Descrive un universo a parte, lo rende magico nella sua anemia. Tutti sono gentili, nessuno alza la voce. I problemi restano fuori, a entrare sono solo le emozioni.

La musica accompagna ogni istante: Sul bel Danubio blu di Johann Strauss, Easy dei Son Lux, Trouble Come Knocking dei Timber Timbre, Grinnin’ In Your Face dei Son Hause. Generi diversi che si incontrano, sinfonie all’apparenza lontane che si avvicinano. In un valzer tra gli scaffali, in un ballo senza fine di anime che cercano un rifugio dalla disperazione. Ma non per questo il supermarket si trasforma in un luogo idilliaco.

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Sognare sembra non essere più concesso. Il giovane Christian nasconde il suo passato burrascoso, copre i suoi tatuaggi con la divisa. Sullo specchio dello spogliatoio c’è scritto: “Così è come vi vede il cliente”. È un invito a celare le proprie sofferenze, a non essere sinceri. Quando gli “amici” di Christian passano tra quelle corsie, lui li evita. Richiamano un’altra dimensione, qualcosa che vuole dimenticare, che non può mostrare.



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A prestargli il volto è un grande Franz Rogowski, ormai punto fermo del cinema tedesco, che in America etichettano come un nuovo Joaquin Phoenix. Con la sua gestualità contenuta, incarna la difficoltà di affrontare l’esistenza, il dolore di chi prova a dare un senso alle sue giornate. Lo avevamo già visto anche nel bellissimo La donna dello scrittore di Christian Petzold. Ma qui si supera, diventa magnetico. In una realtà malinconica, dove l’incanto lo si può trovare anche solo nei suoni prodotti da un muletto. 

Un valzer tra gli scaffali, attualmente nei cinema, è distribuito da Satine Film.