Il nuovo film di Martin Scorsese ha il sapore violento della vendetta.
La vittima (un tempo carnefice) sono gli anni ’80, un decennio contraddittorio che ha segnato il momento artistico e personale più difficile per il cineasta newyorkese. Dopo essersi aperto con il trionfo di Toro scatenato erano arrivati sonori fiaschi al botteghino, sequel su commissione, incomprensioni della critica, e infine la feroce polemica riguardante il suo film ancora oggi più personale, L’ultima tentazione di Cristo.
Col passare degli anni e dei capolavori Scorsese si è preso il suo tempo, i suoi strameritati premi, e adesso ha servito la sua visione venefica di quel periodo. Senza alcun timore e tanto meno alcun freno. The Wolf of Wall Street è infatti un vulcano smodato di situazioni, personaggi, paradossi umani e sociali messi in scena con funambolico istrionismo. Come fece proprio nel 1985 con un piccolo grande gioiello qual era Fuori orario, Scorsese si scaglia contro lo yuppismo rampante di una generazione superficiale, ingorda, sprezzante le regole. Dietro la facciata perbenista e leccata delle apparenze gli anni ’80 non avevano etica, e questo film mostra proprio questo. Stavolta di condensare la materia tratta, di misurare i toni o le interpretazioni a Scorsese proprio non frega nulla: non cerca un baricentro narrativo né una coerenza estetica, vuole soltanto far esplodere il prodotto filmico perché restituisca proprio attraverso la sua forma non plasmata il vuoto cosmico di quell’epoca scintillante. Ecco allora che in alcuni momenti The Wolf of Wall Street non sembra neppure un film di Martin Scorsese: c’è dentro molto del miglior John Landis, una spruzzata di Zucker, Abrahams & Zucker, forse addirittura alcune spruzzate goliardiche del Tarantino più leggero. La storia di ascesa e caduta del protagonista, votato all’eccesso da una recondita pulsione autodistruttiva, potrebbe essere accostata a quelle molto più strutturate di Toro scatenato o Casinò. Possibile, anche se piuttosto improbabile, vista la scelta precisa del cineasta di scardinare il senso del ritmo narrativo e (perché no?) la raffinatezza dell’immagine di quei grandi film. Perché The Wolf of Wall Street si compiace – fin troppo – di essere un mostro sgangherato di tre ore, di essere in alcuni momenti “brutto” nella pura forma filmica. Un prodotto gioioso, immorale, repellente, senza quell’ansia catartica, quel desiderio di redenzione che pervadeva ferocemente il cinema di Scorsese.
Leonardo DiCaprio, Jonah Hill, Kyle Chandler, Margot Robbie, John Bernthal, Jean Dujardin, Matthew McConaughey in uno straordinario cameo: sono tutti perfetti al servizio di questo non-disegno, di questo schizzo violento che metaforicamente ricorda i quadri astratti di Lionel/Nick Nolte in Lezioni dal vero (episodio di New York Stories), paradossalmente uno dei più grandi momenti del cinema degli anni ’80. The Wolf of Wall Street Scorsese non l’ha costruito: in maniera salutare, perfino ammirevole, l’ha vomitato.
In uscita il 23 gennaio, The Wolf of Wall Street è distribuito in Italia da 01 Distribution. Qui il trailer.
NOTIZIE
The Wolf of Wall Street – La nostra recensione
Senz’altro il film più funambolico dell’ultimo Scorsese. Un fiume in piena, sgangherato ma inarrestabile
24.01.2014 - Autore: Adriano Ercolani, da New York