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The White Crow, la storia di Nureyev nel nuovo film di Ralph Fiennes (La recensione)

Al suo terzo film da regista, Fiennes sceglie di raccontare la vita del più grande dei ballerini

The White Crow

01.12.2018 - Autore: Marco Triolo
Al suo terzo film da regista, Ralph Fiennes sceglie di raccontare la vita del ballerino Rudolf Nureyev, dagli esordi in Unione Sovietica al tour in Francia durante il quale chiese l'asilo politico per sfuggire dal regime sovietico. Lo fa imbastendo, in The White Crow, un racconto non lineare, partendo proprio dal viaggio a Parigi per poi narrare la sua ascesa in flashback e saltando continuamente avanti e indietro nel tempo.
 
Lo fa, soprattutto, adottando un criterio opposto a quello di Colette: girando cioè con attori russi in russo, facendoli parlare all'occorrenza in inglese con i personaggi non russi (anche qui, la cosa si perderà nella versione italiana). Addirittura Fiennes si ritaglia la parte del mentore di Nureyev, Pushkin, e recita in russo per tutto il film.
 
Il tentativo di Fiennes di realizzare un biopic atipico è evidente. La scelta di non raccontare gli eventi in ordine è il sintomo di un bisogno di dimostrare il proprio valore di regista dopo una lunga carriera da attore. Il problema, però, è proprio questa poca esperienza dietro la macchina da presa: Fiennes non sembra in grado di gestire al meglio una struttura del genere e il racconto ne risente. Risulta zoppicante, a tratti confuso. Le transizioni d'epoca non sono sempre troppo evidenti e si perde un po' di ritmo per strada.

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Anche la scrittura (di David Hare, sceneggiatore di The Hours e The Reader) non aiuta: è retorica, tenta di infilare i temi in qualsiasi dialogo, anche i più banali intorno a un tavolo a cena. Nureyev (l'esordiente Oleg Ivenko) è dispotico, scostante, antipatico ed egoista, nonché costantemente in lotta con se stesso per oltrepassare i propri limiti. Un tema ricorrente nel cinema sulle discipline atletiche e sportive, ma che qui viene più declamato che mostrato.
 
Stupisce, inoltre, come in un film diretto da un grande attore il punto debole sia proprio la recitazione. Gli interpreti sono spesso impacciati, gelidi e legnosi, a partire proprio da Ivenko. Anche la performance di Adele Exarchopoulos non brilla, in mezzo a un cast da biopic televisivo di livello medio che cozza con le chiare aspirazioni autoriali e la sontuosità della messa in scena.
 
Infine, l'aspetto della musica è stato ampiamente marginalizzato e sottovalutato. In un film che racconta la storia di un famoso ballerino, la musica fa sempre da sfondo e non è mai “personaggio”. Anche questo è un peccato. The White Crow sembra insomma l'opera di un esordiente e non di un regista al terzo film, che oltretutto ha lavorato per quasi trent'anni nel mondo del cinema.
 
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