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Colette, Keira Knightley in un riuscito biopic d'epoca (La recensione)

Presentato a Torino, il film di Wash Westmoreland racconta la storia dell'autrice di Claudine

Colette

29.11.2018 - Autore: Marco Triolo
Il genere biopic è sempre un'arma a doppio taglio. Da un lato mette a disposizione storie vere spesso coinvolgenti e trascinanti, dall'altro però richiede uno sforzo di scrittura per far rientrare una vita nella struttura a tre atti del cinema. Il rischio è quello di tagliare troppo, di semplificare troppo, di esagerare nell'adattamento finendo per mentire. Un rischio che è sempre dietro l'angolo, vedere quello che stanno dicendo su Bohemian Rhapsody, il biopic dei Queen.
 
Colette questo rischio lo salta a priori facendo l'unica cosa possibile quando si racconta una biografia d'epoca: affidarsi allo stile, alla ricostruzione rigorosa e selezionando con cura pochi temi da sviscerare, anziché tentare l'approccio bulimico e raccontare ogni cosa.
 
Si parte da un rapporto di coppia, come spesso succede ormai nei biopic. Quello tra Colette (Keira Knightley), celeberrima scrittrice e attrice teatrale francese della prima metà del XX Secolo, e suo marito Willy (Dominic West), scrittore che pubblicava la serie di Claudine a suo nome, anche se era scritta dalla moglie. Detto così sembra un rapporto fatto di soprusi, ma in realtà era una collaborazione affiatata, pur se problematica. Una vera macchina da soldi che si è incrinata solo dopo un decennio per via dell'infedeltà di Willy e della sua tendenza a sperperare il denaro guadagnato.
 
Il film naviga nelle acque burrascose di questo rapporto, complesso e sfaccettato, senza demonizzare Willy (che si prendeva il merito del successo di Claudine), ma mostrandolo come un individuo complicato, dai pronunciati lati negativi, eppure innamorato della moglie e della sua indipendenza. Dominic West dà un'interpretazione notevole, riuscendo a farci empatizzare con Willy nonostante tutto.
 
Anche Keira Knightley è più contenuta del solito, ed è un bel traguardo vista l'immagine larger-than-life di Colette. Neppure quando inizia la fase teatrale, scandalosa e irriverente, l'attrice esagera nella caratterizzazione. Dietro c'è senz'altro l'ottimo lavoro del regista Wash Westmoreland, autore di Still Alice. Ma anche un impegno di Knightley nel rendere giustizia a un'icona.
 
L'altro tema sviscerato è il proto-femminismo di Colette, impegnata in diverse relazioni con donne e fiera della sua indipendenza. La sceneggiatura di Richard Glatzer, Rebecca Lenkiewicz e Westmoreland lavora di fino, senza calcare la mano ma facendo una cosa molto intelligente: trattare Colette come una persona, semplicemente. Una persona che vive la sua vita senza curarsi dei limiti che la società intorno a lei vorrebbe imporle.
 
 
La ricostruzione d'epoca è impeccabile, con solo una nota stonata di cui non si curerà chi vedrà il film doppiato: la recitazione in inglese. Siamo nella Parigi dei primi del Novecento eppure sentiamo i personaggi recitare con un accento british teatrale. Nel mondo globalizzato diventa sempre più difficile accettare questo compromesso del cinema di una volta. Forse, se fosse stato girato in francese con attori madrelingua (uno sforzo nemmeno troppo irrealistico: il francese è una lingua amata e di attori francesi celebri ce ne sono), Colette sarebbe risultato ancora migliore.
 
In uscita il 6 dicembre, Colette sarà distribuito in Italia da Vision Distribution. Clicca qui per entrare nel nostro speciale sul Torino Film Festival.