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Ted Bundy - Fascino criminale, Zac Efron è uno dei serial killer più famosi d'America (recensione)

Il regista Joe Berlinger, già autoredi un doc sull'assassino, porta il mostro al cinema

Zac Efron

14.05.2019 - Autore: Gian Luca Pisacane
Chi era Ted Bundy? Uno dei serial killer più feroci della storia americana. Negli anni Settanta, ha ucciso più di trenta donne. Adescava le studentesse vicino ai college o alle residenze universitarie, spesso fingeva di avere un braccio ingessato per farsi aiutare a trasportare qualcosa (vi ricordate Il silenzio degli innocenti?). E poi massacrava le malcapitate nei modi più atroci.

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Ted Bundy – Fascino criminale di Joe Berlinger non si concentra sulla violenza, non si sofferma sui gesti efferati, a differenza di Ted Bundy di Matthew Bright, dove gli stupri venivano mostrati in tutta la loro crudezza. Addirittura per gran parte del film si è portati a pensare che, nella versione di Berlinger, Bundy sia una vittima del sistema, un uomo innocente catturato per errore. Ma l’ambiguità può trarre in inganno solo chi non conosce la vicenda dell’assassino.

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Berlinger ha anche realizzato un documentario (disponibile su Netflix) Conversazioni con un killer: il caso Bundy, dove utilizza le registrazioni dei giornalisti Stephen G. Michaud e Hugh Aynesworth effettuate nel 1977. Bundy diventa un narratore. Quindi il regista comprende il potenziale cinematografico del mostro, eppure sceglie di dar vita a una ricostruzione laccata, con Zac Efron fin troppo palestrato per la parte, che ammicca di continuo agli spettatori.

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Lo sguardo vorrebbe essere a David Fincher, al suo Zodiac (pilastro del genere), al rapporto tra male e ossessione, proposto in una chiave antispettacolare. Ma la “battaglia” di Bundy qui non riesce a restituire uno spaccato sociologico, una profonda riflessione sulla morbosità dell’America puritana. Gli elementi c’erano tutti: il processo trasmesso in televisione, la giustizia che si fa spettacolo, le groupie innamorate dell’imputato, addirittura il matrimonio sul banco dei testimoni con la sua fan più fedele. Poi sarebbe arrivato il clamore intorno a O.J. Simpson (da cui la bellissima serie Il caso O.J. Simpson: American Crime Story e il fluviale doc O.J.: Made in America di 467 minuti), la follia che si nascondeva dietro la famiglia Bobbit.

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Si sarebbe potuto costruire l’affresco di un Paese attraverso le sue contraddizioni. Invece Berlinger sceglie la filosofia spicciola, racconta la presunta “umanità” (se ne ha mai avuta) di Bundy, attraverso l’amore con Elizabeth Kendall, autrice del romanzo The Phantom Price: My Life With Ted Bundy, da cui è tratto il film.

Si parte da Goethe, dalla sua massima: “Poche persone hanno l’immaginazione per la realtà”, senza però svilupparne il significato, ribaltare il rapporto tra verità e finzione, e analizzare l’incisività dei media sul pubblico. Legal thriller dallo spirito quasi televisivo e poco di più. Il titolo originale Extremely Wicked, Shockingly Evil and Vile riprende una frase pronunciata dal giudice Edward D. Cowart nell’udienza conclusiva del processo a Bundy. Musica frizzante, a un certo punto si sente anche The Letter dei Box Tops.  

Il film attualmente nei cinema è distribuito da Notorious Pictures