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Sinister 2 – La nostra recensione

Sovrabbondanza di temi e dialoghi levano potenza a un film che cerca l’appoggio del grande pubblico

Sinister 2

Sinister 2

04.09.2015 - Autore: Alessia Laudati
C’è qualcosa di molto più spaventoso dell’orrore palese, cruento, che ha però corpo e sangue per ferirsi e trova così un ancoraggio a terra, ben piantato nelle nostre quotidianità. Si tratta dell’abominio solo suggerito ed evocato, che è linfa vitale del genere horror.

Questo secondo capitolo di Sinister, dopo uno spaventoso esordio del 2012, è in questo senso eccessivamente carico di sotto-trame interne, moltiplicazioni di orrore, personaggi, che finiscono per palesare troppo e lasciando così ben poco spazio al brivido dell’ignoto. 
 
D’altronde la squadra è cambiata, almeno nella regia, qui affidata a Ciaran Foy, con la script ancora in mano alla coppia Scott Derrickson e C. Robert Cargill, che firmò già la sceneggiatura del primo film e nel caso di Derrickson, anche la regia. 
 
Ma partiamo da cosa qui non funziona. L’uso abbondante di found footage, che ha da un lato il potere di moltiplicare il livello della narrazione in un filone visivo separato che fa inorridire gli spettatori con la ruvidezza delle immagini, rendendole poi spaventosamente reali, viene affiancato a una narrazione ipercarica di riferimenti, momenti dialogici e ricostruzioni storico-temporali interne alla storia, decisamente eccessiva. 
 
Purtroppo di di un prodotto che solo un paio di anni fa era riuscito ad attirare l’attenzione degli spettatori con una storia ricca di riferimenti al filone orientale, tra tutti The Ring e una struttura piuttosto asciutta con a capo un volto estraneo al genere come quello di Ethan Hawke, rimane oggi ben poco. 

Sinister 2, che si raccorda con il primo capitolo grazie alla presenza dell’ex sceriffo (James Ransone), sembra un po’ confuso nell’indirizzo da seguire, mescolando toni da commedia, picchi romantici e ovviamente quelli più horror, qui però depotenziati in favore di un registro maggiormente ampio, che forse mira a conquistare anche il plauso di consumatori di grida meno elitari, con un prodotto maggiormente mainstream rispetto al primo capitolo. 
 
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