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Sam Elliott uccide Hitler e Bigfoot nel film più bizzarro del 2019

Scritto e diretto dall'esordiente Robert D. Krzykowski, The Man Who Killed Hitler and Then The Bigfoot non è il film che vi aspettate, nel bene e nel male

The Man Who Killed Hitler and Then The Bigfoot

01.03.2019 - Autore: Marco Triolo
Da un titolo così uno si aspetta un certo tipo di film. E invece The Man Who Killed Hitler and Then The Bigfoot non è quello che vi aspettate. Non proprio, almeno.
 
È principalmente una celebrazione del “Man” in questione, vale a dire Sam Elliott. Lo abbiamo visto da poco in A Star Is Born, per il quale è stato pure candidato a un Oscar. Ma lo abbiamo incontrato anche in Hulk, Tra le nuvole, nella serie Netflix The Ranch e soprattutto ne Il grande Lebowski, dove era la voce narrante e appariva verso la fine per tirare le somme del film insieme a Jeff Bridges. I fratelli Coen non lo scelsero mica per caso. Elliott ha una voce baritonale pazzesca e un look indimenticabile: grossi baffoni bianchi su un viso smunto, capelli bianchi e due sopracciglia nere sopra occhi intensi e intelligenti. Non è difficile pensare che il regista esordiente Robert D. Krzykowski abbia scritto il film intorno a lui.
 
Il titolo, dicevamo. Se metti insieme Hitler e il Bigfoot evochi cose come Iron Sky, Kung Fury, gli zombie nazisti di Dead Snow, tutto quel nuovo filone exploitation/citazionista che fa dei potpourri bizzarri la propria ragione di vita. Anche qui, non è difficile pensare che il regista esordiente Robert D. Krzykowski ne fosse totalmente consapevole quando ha scelto questo titolo.



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Eppure, di nuovo, The Man Who Killed Hitler and Then The Bigfoot non è quello che ci si aspetta. Nel bene e nel male. Perché se da una parte fa piacere che un regista/sceneggiatore cerchi di sorprenderci con un film in buona parte inaspettato e “strano” per tutta una serie di ragioni particolari (e non certo perché forza le stranezze solo per strapparci un sorriso post-moderno), dall'altra Krzykowski sbaglia un po' mira e il film risulta indeciso di conseguenza. Né carne né pesce. Ed è un peccato, perché di carne ce ne sarebbe a sufficienza e il pesce, anche se magro, è comunque buono e nutriente.
 
The Man Who Killed Hitler and Then The Bigfoot racconta la storia di Calvin Barr (Elliott, ma anche Aidan Turner nei numerosi flashback), veterano della Seconda Guerra Mondiale che segretamente uccise il Führer e che, oggi (ovvero in un momento imprecisato tra gli anni '80 e '90, a giudicare dalla sua età e da scenografie e costumi), vive da pensionato nella cittadina dove ha sempre vissuto, nella casa di famiglia e in compagnia del suo cane. Calvin è un solitario di poche parole, ha alle spalle una storia d'amore fallita in qualche modo, un fratello con cui si vede pochissimo e tanti rimpianti. Ma è ancora in forma e la voglia di non sprecare i suoi ultimi anni nell'ozio lo tormenta. Quando i governi americano e canadese lo incaricano di recarsi in una foresta in Canada e uccidere il Bigfoot, portatore sano di un'influenza apocalittica, Calvin accetta con riluttanza, perché non vorrebbe più uccidere.



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A questo punto sono già passati quaranta minuti di film. È evidente che a Krzykowski interessa meno raccontare la storia pulp e molto più indugiare sui sentimenti, la solitudine del protagonista e la difficoltà nel fare i conti con un passato glorioso eppure traumatico. Il titolo è ormai chiaramente uno specchietto per le allodole, in cima a un film che più che altro è il ritratto dolente di un uomo di altri tempi che non trova più posto nel mondo. Il rapporto con il fratello Ed (Larry Miller) è centrale e ci regala alcuni genuini momenti di interazione tra uomini – poche parole, tanti gesti a parlare al loro posto.
 
Poi arriva la parentesi d'azione, in cui Calvin affronta il Bigfoot. Se già non fosse stato abbastanza chiaro l'andazzo del film, Krzykowski conduce Calvin sulla scena dello scontro e poi opera uno stacco di montaggio che ci porta direttamente in medias res, quasi avesse fretta di arrivare al sodo per passare ad altro. La caccia al Bigfoot è abbastanza breve e sfocia in una lotta sgraziata e dolorosa, piena di errori da parte di Calvin e risoluzioni sempre un po' inaspettate. Infine si torna al paesello, per un finale sentimentale che ci porta in un film totalmente diverso.

 
È come se Krzykowski, scrivendo il film, si fosse imposto una regola ferrea: evitare il più possibile di aderire alla canonica struttura della sceneggiatura a tre atti. Le svolte arrivano o troppo presto o troppo tardi, il regista racconta una cosa ma si interessa di più ad altre. Il tutto è consapevole e voluto, e completamente spiazzante.
 
Bisogna accettare questo, se si vuole apprezzare The Man Who Killed Hitler and Then The Bigfoot. Un film che non possiamo definire completamente riuscito. Ma che ci lascia con l'impressione di aver incontrato un nuovo autore da tenere d'occhio. Se Krzykowski saprà far tesoro di questa esperienza per mettere a fuoco meglio la scrittura, allora potrebbe combinare qualcosa di buono. In ogni caso, basta il carisma micidiale di Sam Elliott, la sua invidiabile capacità di essere cool nel fare qualunque cosa, dal picchiare un mostro peloso a restituire un biglietto della lotteria, a fare di The Man Who Killed Hitler and Then The Bigfoot una discreta chicca. Un film che faticherà a uscire in sala da noi, ma che sarebbe perfetto per Netflix. Speriamo.