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Recensione Aftermath: la vendetta di Schwarzenegger non ha mordente

Il film, prodotto da Darren Aronofsky, è ispirato alla vera storia di una collisione aerea e alle sue drammatiche conseguenze. Ma tutto resta in superficie

Aftermath

18.04.2017 - Autore: Marco Triolo (Nexta)
Guardando Aftermath non si può fare a meno di pensare che la voce su Arnold Schwarzenegger in lizza per il senato americano non possa che essere vera. O meglio, che farebbe meglio a esserlo, perché il mondo del cinema non sembra più un luogo ospitale per una delle più grandi stelle del cinema degli anni '80 e '90. Dopo aver concluso il suo mandato come governatore della California, Schwarzenegger era tornato al cinema azzeccando anche alcuni ruoli e dimostrando di sapersi ancora andare a cercare registi interessanti con cui collaborare. A parte la saga di Expendables, poco più che una scampagnata di lusso tra vecchi amici, Schwarzenegger pareva aver capito che, per dare senso alla sua seconda carriera, doveva accettare di essere invecchiato. Film come The Last Stand, Escape Plan e Sabotage funzionano proprio per la sua intelligenza nel calarsi nel ruolo del grande vecchio che ne ha viste di tutti i colori e porta le cicatrici a dimostrarlo. Peccato che nessuno di questi film sia stato un successo, neanche Terminator Genisys (che non è andato poi così male, ma comunque al di sotto delle aspettative).

 
Il fatto stesso che Schwarzenegger sia passato da quest'ultimo ad Aftermath è la prova che, dopo aver sbattuto più volte contro un muro con le migliori intenzioni, Governator ora non sa più con esattezza che fare. Perché, per quanto prodotto da Darren Aronofsky, Aftermath è poco più di un dramma televisivo con una scrittura che non stonerebbe in una fiction di Rai Uno. Un film che tenta di impiegare Schwarzenegger fuori contesto senza riuscire mai a sfruttarne il potenziale. Che Arnold non sia propriamente un attore drammatico lo si evince dando uno sguardo alla sua carriera. Per quanto abbia vinto un Golden Globe per il suo ruolo in Un autentico campione di Bob Rafelson, Schwarzenegger è sempre stato maggiormente a suo agio in ruoli fisici con dialoghi brevi e secchi. Ha poi dimostrato di saperci fare anche nella commedia, dove però funzionava proprio perché sapeva sfruttare in un contesto diverso la sua fisicità esagerata. Ma nel dramma non ha mai brillato, riuscendo ad azzeccare solamente il ruolo di padre disperato in Contagious.
 
In Aftermath, il regista Elliott Lester vorrebbe sfruttare proprio questo nuovo filone dell'attore, ma non ci riesce. La storia, ispirata a fatti realmente accaduti in Germania, è quella di Roman, operaio che sta aspettando l'arrivo di moglie e figlia (incinta) per Natale. Ma il loro volo si scontra in aria con un altro aereo, per colpa della distrazione di un controllore di volo, Jake Bonanos (Scoot McNairy). Le vite di Roman e Jake finiranno inevitabilmente per scontrarsi a loro volta con risultati drammatici.

 
Il grosso problema di Aftermath sta in una sceneggiatura che mantiene tutto in superficie. Roman non è caratterizzato in maniera molto precisa, è solamente il più classico gigante buono, devoto alla famiglia e al lavoro. Questo è un bel guaio perché, proprio per la sua scarsa esperienza nel mondo del melodramma, Schwarzenegger necessiterebbe di maggiori dettagli per trovare una chiave di lettura del personaggio. Senza direzione alcuna, si trova a replicare con poco effetto quanto imparato girando Contagious. Aftermath frega ulteriormente il suo pubblico che, con Schwarzenegger al centro, si aspetterebbe per lo meno un vago revenge movie, anche se dai toni molto più sobri della media. E invece ci si trova di fronte a un drammone lento e prevedibile, in cui il climax si consuma in pochi secondi, per poi lasciare spazio a una sorta di morale finale che suona posticcia.
 
Per lo meno i due protagonisti fanno del loro meglio, e Scoot MacNairy si conferma come un caratterista di tutto rispetto. Ma intorno a loro si agitano una serie di macchiette - la giornalista arrivista, gli avvocati viscidi coi capelli impomatati - che tolgono ambiguità a un racconto che su di essa dovrebbe poggiarsi. Il risultato è poco più di uno special TV educativo e Schwarzenegger farebbe meglio a ricominciare a scegliersi i ruoli con più criterio. Anche perché tra i suoi prossimi film c'è una co-produzione russo-cinese (Viy 2), un ulteriore passo avanti verso l'isolamento da Hollywood. Arrivato a questo punto, avrebbe seriamente bisogno di un Tarantino.