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Quanto basta, la recensione della commedia culinaria con Vinicio Marchioni

Risate, lacrime e buoni sentimenti nel nuovo film di Francesco Falaschi attualmente nelle sale

06.04.2018 - Autore: Gian Luca Pisacane
La buona cucina migliora l’umore, cancella la fatica e fa tornare il sorriso. Ma anche l’occhio vuole la sua parte, così il cinema si diverte a raccontare le avventure di cuochi stellati caduti in disgrazia per il loro caratteraccio. Dietro ai tegami volano i coltelli, e spesso lo chef esagera, vedi il tempestoso Bradley Cooper ne Il sapore del successo, che viveva i fornelli come un ring. In salsa mediterranea, Quanto basta ci fa vedere Vinicio Marchioni nella parte del bello e dannato che risolve le questioni chiudendo i colleghi nella ghiacciaia. Lui è un uomo duro, un artista pieno di stelle Michelin che non riesce a comunicare con gli altri senza esplodere. Rappresenta il classico ragazzaccio in cerca di redenzione, dopo i suoi intrighi con la mala e un soggiorno dietro le sbarre. 

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Come in ogni commedia che si rispetti, servono il riscatto, calde lacrime e tanti buoni sentimenti per far commuovere la platea. Le intenzioni sono ottime e, per la prima mezz’ora, la storia sembra funzionare: un’esistenza migliore passa attraverso la dolcezza, e la disabilità è la medicina per curare l’egoismo contemporaneo. I giovani con la sindrome di Asperger, una forma lieve di autismo, nel film sono quelli che comprendono meglio i problemi di chi li accudisce. E nell’incapacità di badare a loro stessi, aiutano il protagonista a ritrovarsi. Affidati ai servizi sociali, inseguono una normalità che le persone comuni trascurano e, preparando un timballo o un baccalà, si sentono felici. Ma poi arriva l’immancabile love story fin troppo forzata e la sotto trama milanese, che sembra essere stata costruita solo per raggiungere i novanta minuti, svanisce senza una vera conclusione. 

Il fulcro di Quanto basta è una gara per esordienti che si svolge nelle campagne toscane. Non è difficile immaginarne l’esito, e mentre i due “eroi” Arturo e Guido sono in macchina, si cerca di richiamare l’immaginario on the road di Rain Man. Ma ogni paragone sarebbe azzardato: qui lo svolgimento della trama è prevedibile e le incomprensioni si risolvono con una pacca sulle spalle. Nessuno è davvero “cattivo” e non ci sono mostri senza cuore, anche quando si parla di gente poco raccomandabile. 


A funzionare meglio è il personaggio della bella psicologa, eterna mediatrice che deve mettere in contatto due mondi in apparenza inavvicinabili. Lei è l’antenna che riceve il segnale, per poi convertirlo in un messaggio comprensibile destinato a chi ha più bisogno di protezione. Il tema della disabilità è affrontato con pudore da Francesco Falaschi, che ci si era già confrontato nel suo primo lungometraggio Emma sono io, dove narrava di una donna con un grave disturbo dell’umore. Ma l’unico a lasciare il segno è Luigi Fedele, colpito da improvvisa paternità in Piuma di Roan Johnson. A vincere è solo il suo sorriso.

Quanto basta è distribuito nei cinema da Notorious Pictures.