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Pokémon - Detective Pikachu, un immenso luna park per fan e non solo (Recensione)

Amicizia e buoni sentimenti, nasce un nuovo franchise

05.05.2019 - Autore: Gian Luca Pisacane
Noir metropolitano in salsa Pokémon, sguardo a Chi ha incastrato Roger Rabbit. Ryme City è figlia dell’immaginario di Blade Runner, della realtà aumentata di Ready Player One. Le atmosfere sono cupe, le luci al neon illuminano l’oscurità. Strade fumose ospitano battaglie tra Pokémon molto underground, dove si aggirano tipi loschi e bevitori incalliti. I combattimenti sono stati aboliti, adesso uomini e “animali” si completano l’un l’altro. Tutti sono liberi, e ognuno condivide le giornate con un partner in stile Charizard o Psyduck. Ma Pokémon - Detective Pikachu non è il film che ci si potrebbe aspettare.

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Si appoggia al genio creativo giapponese, porta tanti beniamini sul grande schermo, per poi scegliere un approccio più “umano”. Gli scontri sono pochi, e solo nella seconda parte prende il sopravvento la vena da blockbuster fracassone. E la vera novità è che Pikachu parla. Soltanto il suo compagno di avventure può capirlo, per gli altri resta il classico: “Pika pika.



Così il topino giallo con la coda formato saetta (mattatore di questo universo) si scopre reale, con sogni, dubbi, travagli interiori e speranze represse. Affoga i dispiaceri nel caffè, chiede al barman: “Fammelo doppio”, come se fosse un Philip Marlowe distrutto dal peso dei suoi casi, intrighi da maneggiare con cura. Ha un cappellino alla Sherlock Holmes, vuole fare l’investigatore. Deve risolvere un mistero che riguarda le alte sfere, e il suo vecchio compare dicono sia morto in un incidente d’auto. Ma purtroppo non ha più la memoria, non ricorda nulla.

Una storia di Pokémon senza attacchi speciali, dove gli allenatori sono amici, e non ci si scanna nelle arene. Vicenda anomala, che si distacca dalla serie dei cartoni animati, dai videogiochi e dai vari Mew contro Mewtwo. Si ammicca al surriscaldamento globale, si esalta il pacifismo, e naturalmente l’uguaglianza. Non mancano i momenti da ottovolante, si ha la sensazione di essere davanti a un immenso luna park, a tratti cinefilo (a modo loro, ci sono anche i Gremlins).

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L’operazione richiama quella fatta dallo stesso regista Rob Letterman con i Piccoli brividi: bulimia di “mostri”, di fantasmi dell’adolescenza. Che si trasformano in creature millenarie e molto pirotecniche. L'emicrania di Psyduck nasce dall’incapacità di reggere la tensione, Pikachu ha paura di tradire la fiducia degli altri… E il protagonista, un giovane impiegato in un’azienda di assicurazioni, deve accettare la morte del padre.



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Vicenda che si rivolge a un pubblico di teenager, e che analizza la figura del fan, mettendo in mostra tutti i suoi eccessi. Il desiderio porta a volersi fondere con la propria passione, sostituendola con il grigiore di tutti i giorni. Il rischio è di cancellare la propria identità, di voler essere “super” facendo del male agli altri. Pokémon – Detective Pikachu è una piacevole sorpresa, un mix di generi. A volte prevedibile, ma dallo spirito elettrico.

Il film uscirà nelle sale il 9 maggio distribuito da Warner Bros.