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Partisan - La nostra recensione

L'infanzia e la violenza al centro di una riflessione sperimentale e allucinatoria che paga il proprio tributo ad autori come Harmony Korine e Larry Clark 

29.08.2015 - Autore: Alessia Laudati  (Nexta)
Nello sguardo vitreo di Vincent Cassel nei panni di Gregori, leader di un microcosmo patriarcale in Partisan, è possibile intravedere una sorta di dicotomia esistenziale che nel film ruota intorno ai temi dell’educazione e della paternità. Amare qualcuno, sia esso il figlio prediletto, oppure la compagna più appassionata, è un sentimento che ha a che fare con l’autorità, il possesso, l’isolamento, e quindi la violenza simbolica, oppure con qualcosa che possiamo chiamare libertà?

 
Intorno a questo interrogativo, il trentenne Ariel Kleiman costruisce un dramma psicologico e distopico, avaro di localizzazione storico-temporale e piuttosto prodigo nel creare invece un’ambientazione surreale e sospesa, dove tutto ciò che conta davvero è l’assurda investigazione delle relazioni umane.
 
Per esaltarle, per parlare del loro equilibrio di rabbia e violenza, amore e protezione, il regista australiano rinchiude i protagonisti - un’assurda comunità isolata composta solo da donne, bambini e un unico capofamiglia - in una dimensione atemporale, che procede al ritmo lento e straniante di una narrativa con pochissima azione. Sguardi, primi piani, e qualche movimento con camera a mano, sono tutto ciò che porta avanti, in essenza, il film, È uno sguardo voyeuristico, interessato a cogliere la bellezza nella brutalità, insieme al vuoto di certe esistenze, secondo un filone allucinatorio che ricorda certe peregrinazioni paradossali nel mondo dell’infanzia tipiche di registi indipendenti come Larry Clark e Harmony Korine.

 
Il reale diventa così iperreale, e il racconto di un rapporto tra padre e figlio viene illustrato con gli strumenti dettati dalla surrealtà. Un viaggio verso l’altrove che in realtà ci parla di noi, dei rapporti con i nostri consanguinei e del mondo in cui viviamo i legami personali. Se con ossessione e paura, oppure con totale assenza di sentimenti legati ai concetti di possesso e violenza. Unica pecca di un film interessante, a tratti sperimentale, è che a volte l’assenza di informazioni storico-temporali rischia di far diventare il giustificato mistero, una sorta di superfluo manierismo.


Partisan, in sala dal 27 agosto 2015, è distribuito da I Wonder Pictures