Le parole sono importanti, ma non sono tutto. Contano più i significati o i significanti? A ciascuno la propria risposta, quella di Hervé Mimran in qualche maniera è racchiusa nel suo Parlami di te, commedia ispirata al libro J'étais un homme pressé: AVC, un grand patron témoigne nel quale Christian Streiff raccontò l'esperienza vissuta durante e dopo l'Ictus che lo colpì nel 2008.
![](fileadmin/mediafiles/film/generici/201902/images/670x368/pr09.jpg?n=0.04945509402712134)
Un racconto che sullo schermo vediamo iniziare con una crisi, mentre sullo sfondo la radio recita le notizie di economia. Probabilmente un messaggio subliminale da parte del regista - ammirato dal pubblico italiano solo come attore, in Troppo bella!, dato che i suoi film precedenti non sono mai arrivati da noi - che si diverte ad accompagnare le immagini con scelte musicali tanto didascaliche quanto celebri (Casta Diva, As Time Goes By, Everybody's Talking, Father and Son e Don't Think Twice, It's All Right).
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Una dinamica che rimanda a quella principale, nella quale il povero Alain (un convincente Fabrice Luchini) si trova a dover ricomporre una frattura tra ragionamento ed espressione, tra quel che vorrebbe comunicare e quel che agli altri arriva. Un concetto interessante, soprattutto se opposto all'apparente e forzata normalità alla quale ha costretto la propria vita e l'anaffettività che impone alle persone a sé più vicine.
Consigli.it per voi: Film e romanzi su Belle & Sebastien, amatissima saga d'Oltralpe
Si sa, le crepe portano facilmente alla rottura, inutile fingere di non vederle… E ogni fase di rifiuto deve finire, prima o poi. Il problema è che la ricostruzione di sé, come uomo e come padre, il reinserimento nel mondo del lavoro (che troppo a lungo occupa la narrazione, riducendo la parte catartica a una accelerazione finale), l'adattamento e l'accettazione sono tutti filtrati attraverso una estetica smaccata e accondiscendente. Una serie di immagini palesemente stereotipate mirano a costruire un effetto finale nel quale via via si avverte una fastidiosa mancanza di sincerità...
![](fileadmin/mediafiles/film/generici/201902/images/670x368/pr16.jpg?n=0.9860666539011398)
Dalle anomalie cronologiche alla sensibilità animalista, il richiamo a un istintivo pietismo per anziani e malati o la poco plausibile (per quanto giustificabile) reazione della figlia trascurata, fino alla retorica maternalista variamente declinata non controbilanciano i momenti tragicomici legati alla malattia (tra i "prendere arance e divano per illuminare la suora" e il "mi riposerò quando sarò porco") e i geniali e più che coerenti titoli di coda.
Parlami di te, in sala dal 21 febbraio 2019, è distribuito da Bim Film.
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Un racconto che sullo schermo vediamo iniziare con una crisi, mentre sullo sfondo la radio recita le notizie di economia. Probabilmente un messaggio subliminale da parte del regista - ammirato dal pubblico italiano solo come attore, in Troppo bella!, dato che i suoi film precedenti non sono mai arrivati da noi - che si diverte ad accompagnare le immagini con scelte musicali tanto didascaliche quanto celebri (Casta Diva, As Time Goes By, Everybody's Talking, Father and Son e Don't Think Twice, It's All Right).
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Si sa, le crepe portano facilmente alla rottura, inutile fingere di non vederle… E ogni fase di rifiuto deve finire, prima o poi. Il problema è che la ricostruzione di sé, come uomo e come padre, il reinserimento nel mondo del lavoro (che troppo a lungo occupa la narrazione, riducendo la parte catartica a una accelerazione finale), l'adattamento e l'accettazione sono tutti filtrati attraverso una estetica smaccata e accondiscendente. Una serie di immagini palesemente stereotipate mirano a costruire un effetto finale nel quale via via si avverte una fastidiosa mancanza di sincerità...
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Parlami di te, in sala dal 21 febbraio 2019, è distribuito da Bim Film.