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Nelle pieghe del tempo, la recensione del nuovo fantasy Disney

Il film di Ava DuVernay è una storia coming-of-age attraverso mondi paralleli

29.03.2018 - Autore: Gian Luca Pisacane (Nexta)
Mondi lontani. Universi da scoprire. La camaleontica Disney si adatta a qualsiasi età e genere, per abbracciare un pubblico sempre più vasto, alla ricerca di grandi spettacoli e storie edificanti. Un divertimento formato famiglia, che a Natale, con Coco, ha toccato una delle sue vette più alte. Ma qui non siamo dalle parti di un grande classico o di un cartone animato, Nelle pieghe del tempo rappresenta una produzione parallela, lontana dal colosso Pixar e dalla ricchissima Marvel in grado di trasformare in oro qualsiasi vicenda tocchi. 

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Come sempre vanno in scena il rapporto padre - figlio, la difficoltà di crescere e diventare grandi in una società poco accogliente. Il mantra dovrebbe essere quello della “frequenza”, la voce interiore che ognuno di noi cerca per accettarsi e iniziare a vivere. Si sentono gli echi di Mulan, del suo voler essere uomo, del desiderio di andare in battaglia a combattere un nemico all’apparenza invincibile. Il gigante di Burbank ricicla se stesso, strizza l’occhio a Hercules, ai suoi muscoli troppo ipertrofici per essere accettati. Ma quello era un semidio dal cuore buono, distruggeva templi e palazzi per aiutare il suo vecchio a fare la spesa, e la gente aveva paura di lui. Allo stesso modo Margaret “Meg” Murry, protagonista di questo nuovo film, viene evitata a scuola e nel quotidiano perché è diversa: dalla sua non ha il fisico ma la fisica, quella che ti fa persino viaggiare nello spazio, che purtroppo, per lo spettatore non ha più segreti. Gli altri pianeti sembrano infatti una rivisitazione di Avatar, con un pizzico di Alice nel paese delle meraviglie e un villain in stile Stranger Things

Nelle pieghe del tempo potrebbe essere un gioco cinefilo, a cui aggiungere anche le massime dei grandi della storia, da Churchill a Gandhi, recitate a memoria da una misteriosa entità: la Signora Chi. Anche le tre “aiutanti” dei nostri eroi potrebbero essere discendenti delle Parche romane, o un’evoluzione delle streghe che annunciano a Macbeth la sua disfatta. Letteratura & Cinema, con un occhio alla religione, soprattutto al cristianesimo. Bisogna guardare in alto per sconfiggere il male assoluto, redimerci dall’ambizione e dall’invidia che consumano le nostre giornate, questo sembra essere il messaggio. Un nuovo Tomorrowland – Il mondo di domani, non a caso sempre Disney con una famiglia da risanare. 


Forse il futuro avrebbe bisogno di una maggiore inventiva, di quella voglia di sperimentare che animava il piccolo Miguel di Coco nel Dia de los muertos. La hit del momento sovrasta la voce degli attori, le sequenze strappalacrime cercano di distogliere l’attenzione dalle incongruenze del racconto, costruito come un videogioco. Un’esperienza più da consolle che da grande schermo dove anche il talento di una regista come Ava DuVernay si smarrisce tra i paesaggi computerizzati e i costumi stravaganti. L’anima militante di Selma – La strada per la libertà, il suo film più bello, ha lasciato il posto a un’orgia di effetti speciali. Quello era un cinema solido, tradizionale e commovente, anche se con qualche retorica di troppo. Martin Luther King, interpretato da un ottimo David Oyelowo, guidava il popolo alla conquista dei suoi diritti. E difficilmente si poteva dimenticare il tocco della DuVernay dietro la macchina da presa. Speriamo che lo recuperi presto. 

Nelle pieghe del tempo è distribuito nei cinema da The Walt Disney Company