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Museo, la recensione dello strampalato Crime di Gael Garcia Bernal & Co.

L'attore di Mozart in the Jungle è protagonista di una clamorosa storia vera, rivisitata e presentata alla Berlinale 2018.

27.02.2018 - Autore: Mattia Pasquini (Nexta), da Berlino
Quanto costa rinunciare alle proprie tradizioni, radici, futuro? E a quale prezzo si può (s)vendere l'identità culturale di un Paese, per altro storicamente vessato come il Messico? Le risposte non sono nemmeno tra le righe - ma vi consigliamo di guardarci - del Museo di Alonso Ruizpalacios, film presentato al Festival di Berlino 2018 nel quale troviamo il Gael Garcia Bernal di Mozart in the Jungle, di ritorno a 'Casa'.



Da Amores perros a No e Neruda, l'attore messicano ha sempre ribadito la sua forte appartenenza e il legame con la propria Terra, come il Juan che interpreta e che a più riprese esprime la sua contrarietà verso quella colonizzazione culturale che lo costringe a sopportare la presenza di Santa Claus (eccezionale la parte iniziale 'natalizia') e i tanti esempi di un "saccheggio" mai finito. E che - forse per reazione, forse senza un motivo valido - decide di introdursi nel Museo Nacional de Antropología e Historia di Ciudad de Mexico per rubare un centinaio tra i manufatti e le reliquie più preziose del suo patrimonio.

"Insensata" la definirono, ma per qualcuno quella rimase a lungo 'la rapina del secolo'. E senza rivelare troppo del film - che comunque la rielabora ampiamente, come annunciato sin dai titoli di testa - il racconto fattone dal regista di Güeros ha molto più della replica nostalgica che della cronaca originale. A partire dai nomi dei due 'malfattori' alla ricostruzione della loro rocambolesca e sconclusionata fuga - tra lutti, tentativi di ricettazione, rievocazioni di star del soft porno nazionale e incontri con Maya sopravvissuti - dalle Torri di Ciudad Satélite a Palenque e Acapulco.



Non è 'tutto in una notte', ma poco ci manca. Anche se il ritmo risente egualmente della durata - resa eccessiva da passaggi ridondanti e dalla continua attesa di un reale snodo narrativo - e del DNA latinoamericano. Dominante, come è giusto. In ogni momento, tanto negli interessanti e godibili siparietti famigliari (che ci permettono di conoscere i nostri due 'eroi') quanto nelle tappe della loro sconclusionata missione e nella morale conclusiva, che non si apprezza davvero qualcosa se non quando si pensa di averlo perduto.

Un film ricco, probabilmente "affollato", ma che rende alla perfezione il contesto raccontato e che - attraversando generi molto diversi e dinamiche mutevoli - ci offre un'avventurosa e a suo modo spettacolare alternativa al classico Heist Movie. Una via crucis naive e catartica, nella quale scoprire di più di se stessi e delle proprie radici, e di una vita non troppo diversa dalla nostra, in fondo.



Il film di Manuel Alcalá & Alonso Ruizpalacios ha vinto l'Orso d'argento alla miglior sceneggiatura al Festival di Berlino 2018 appena concluso. Qui tutti i premi della manifestazione.