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Recensione: Rupert Grint da Harry Potter al falso allunaggio di Moonwalkers

La teoria del falso allunaggio in cui sarebbe stato coinvolto Kubrick serve da premessa per una commedia esilarante e scorretta

Moonwalkers

24.11.2015 - Autore: Marco Triolo (Nexta)
La teoria del finto allunaggio è una delle mitologie cospirazioniste più famose dei nostri giorni. Ancora più amata è quella in cui Stanley Kubrick in persona sarebbe stato pagato dal governo americano per girare lo sbarco sulla luna, visto il precedente di 2001: Odissea nello spazio.

Moonwalkers, del regista francese Antoine Bardou-Jacquet, prende queste premesse e ci costruisce una commedia all'inglese. Dopo dei titoli di testa lisergici e bellissimi, troviamo Ron Perlman nei panni di un agente CIA che viene incaricato di avvicinare Kubrick a Londra e proporgli la cosa. Ma un manager discografico soffocato dai debiti con la malavita (Rupert Grint) riesce a mettersi in mezzo, facendo credere all'agente che un suo amico hippie sia Kubrick. Da lì inizia una spirale di violenza, vendetta e visioni allucinogene esilarante.

Non siamo però dalle parti della commedia british raffinata: l'umorismo qui è di grana molto grossa, le situazioni sempre sopra le righe, folli e volgari. Eppure, proprio questo elemento di onestà e schiettezza, questo voler far divertire lo spettatore quanto probabilmente si sono divertiti a girarlo, conquista. Come conquista Perlman nel ruolo del duro circondato da idioti. Il suo agente Kidman pare uscito da una puntata di Homeland, perciò la sua stoicità risulta esilarante quando messa a confronto con il colorato ed eccentrico mondo degli hippie, fatto di sesso promiscuo, droghe e artisti di dubbio talento.

Eppure, nonostante lo smaccato uso di tutti i possibili cliché sui figli dei fiori e la rivoluzione culturale di fine anni '60, il messaggio finale è prorompente e sincero: il '68 ha vinto. Non solo: le droghe (leggere) possono salvare la vita. Una constatazione più che mai attuale, in quest'epoca di progressiva liberalizzazione della loro circolazione.

Il finale è un'esplosione di violenza catartica e liberatoria, in cui la linea tra bene e male viene calpestata gioiosamente per consegnarci un film che, per quanto sicuramente non perfetto, afflitto da qualche momento di stanca e da tempi comici non sempre all'altezza, è pervaso da una morale talmente immorale da vincere su tutto il resto.

Il film non ha ancora distribuzione italiana, ma è indubbio che la troverà presto.
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