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Luke Cage, la seconda stagione replica la prima senza fantasia (La recensione)

Torna su Netflix la serie Marvel, ma gli autori sembrano incapaci di trovare nuovi spunti interessanti da raccontare

Luke Cage

20.06.2018 - Autore: Marco Triolo
È successo qualcosa dopo Iron Fist. Fino a quel punto, le serie Marvel distribuite da Netflix avevano rappresentato l'eccellenza delle serie sui supereroi, grazie al perfetto matrimonio tra superpoteri e realismo urbano. Le prime stagioni di Daredevil e Jessica Jones erano state lodate unanimemente dalla critica e, nonostante un timido calo nella seconda stagione di Daredevil, le cose sembravano indirizzate per la strada giusta. La prima stagione di Luke Cage, con il suo tono da blaxploitation anni '70, aveva confermato il trend positivo.
 
Poi Iron Fist ha sbagliato completamente mira, incapace di lasciarsi alle spalle un modello troppo stretto, quello stesso realismo che aveva fatto la fortuna delle prime tre serie e che mal si sposava con storie di città leggendarie e arti marziali magiche. La capacità della Marvel di unire toni e generi apparentemente distanti in un universo coeso sembrava non essere transitata sul piccolo schermo. The Defenders è stata una deludente conferma di questo.

The Punisher ha riportato un po' di verve nel connubio Marvel/Netflix, mentre la seconda stagione di Jessica Jones, pur non all'altezza della prima, ha fatto il suo lavoro. In queste due stagioni è emerso un altro problema, che già qualcuno aveva notato ma che qui è risultato palese: tredici episodi sono troppi per raccontare queste storie, e non si capisce perché Netflix e Marvel si ostinino a mantenere questa scansione. Le storie risultano sempre stiracchiate, con scene e sottotrame sviluppate solo per allungare il brodo e idee ripetute allo sfinimento.
 
Ci tocca purtroppo dire che la seconda stagione di Luke Cage è il culmine di tutto questo. Sia chiaro, abbiamo visto solo otto dei tredici episodi che compongono la stagione, ma l'impressione generale è che lo showrunner Cheo Hodari Coker non abbia trovato davvero nulla di nuovo da raccontare, scegliendo di replicare la prima stagione senza troppe idee. Stavolta c'è un villain che, anziché arrivare dal passato di Luke, ha un conto in sospeso con Mariah Dillard (Alfre Woodard). Il villain in questione è il giamaicano Bushmaster, interpretato anche con un discreto impegno dal carismatico Mustafa Shakir. L'attore ci mette del suo per renderlo accattivante, ma alla fine Bushmaster cade un po' nel solito problema di tanti cattivi Marvel: è una copia al negativo dell'eroe.

 
Le sottotrame introdotte in questa stagione sono ripetitive e forzate. Il rapporto tra Mariah e sua figlia (Gabrielle Dennis) non si sviluppa mai, è un costante avanzare/arretrare, un tira e molla che non trova mai risoluzione. La passione romantica tra Mariah e Shades (Theo Rossi) ha lo stesso problema, è noiosa e reitera continuamente le stesse dinamiche. Peccato perché Shades è forse il personaggio con l'arco di maturazione più interessante di tutta la stagione e Rossi si dimostra un attore più sensibile del previsto. Alfre Woodard, amata molto dalla critica nella prima stagione, qui invece risulta sopra le righe e il suo personaggio è insopportabile. Come se gli sceneggiatori non sapessero che farne e come farlo evolvere verso qualcosa di nuovo.
 
Luke Cage (Mike Colter) si muove in mezzo a tutto questo ma in realtà è immobile. Accade spesso che il protagonista sia il personaggio meno sviluppato, ma in questo caso è un peccato perché Coker cerca chiaramente di costruire per lui un arco all'inizio della stagione, per poi abbandonarlo nel nulla. Un arco già visto, sia chiaro: quello dell'eroe che si fa prendere dalla sua hybris, dall'invulnerabilità unita allo status di celebrità, e perde un po' il contatto con la realtà. Ma pur sempre un arco che poteva essere sfruttato, e invece pare quasi che Coker si renda conto della sua scarsa originalità e lo molli per seguire strade più promettenti.

 
I Marvel-fan saranno contenti per il maggiore coinvolgimento di personaggi esterni alla serie, come Colleen Wing e Danny Rand di Iron Fist o il Foggy di Daredevil, che appare in un episodio come divertente spalla. Ma la carne al fuoco è davvero pochina e le puntate si trascinano. Lo sviluppo lento della prima stagione sfora qui nella noia, e c'è da sperare che la promessa di adattare il ciclo Marvel “Heroes for Hire”, ovvero “eroi a pagamento”, possa infondere un po' più di azione al mix. Luke Cage e, in generale, le serie Marvel/Netflix ne avrebbero realmente bisogno.
 
La seconda stagione di Luke Cage arriverà su Netflix il 22 giugno. Qui ne potete vedere il trailer.