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Lo spietato, Riccardo Scamarcio a mano armata nella Milano da bere (recensione)

Il nuovo film di Renato De Maria evento speciale nei cinema l'8, il 9 e il 10 aprile

05.04.2019 - Autore: Gian Luca Pisacane
C’era una volta a Buccinasco, Milano calibro 9. Boom economico, superattici, soldi che scorrono a fiumi, macchine sportive, belle donne, e pistole fumanti. Lo spietato è la storia di un calabrese meneghino, che ha scelto di fare un lavoro “onesto”: il malavitoso. Conosce solo la legge della strada, e l’unica scuola è stata il carcere minorile. Ama ripetere: “ça va sans dire” (è ovvio), ma forse neanche lui ha capito che cosa voglia dire.

Si aggira per i salotti della Milano “da bere”, ha una decapottabile, chiama i suoi omicidi “i miracoli”, e pensa di essere il padrone del mondo. Gestisce la sua gang, sposta capitali, è in contatto con i mafiosi che contano. Ma non è un rapinatore annoiato come in Svegliati e uccidi di Carlo Lizzani. Santo Russo ha trovato la sua vocazione, in stile Milano rovente di Umberto Lenzi, senza dimenticare Milano: il clan dei calabresi di Giorgio Stegani. Ma di Santo c’è solo il nome, e anche una moglie che nella fede trova la sua unica consolazione.

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Santo rappresenta l’Italia che arraffa senza voltarsi indietro, che sequestra, ammazza ed è disposta a tutto. Dalla fine degli anni Sessanta ai giorni nostri, attraverso terrorismo, corruzione, mazzette, fino a Tangentopoli e oltre. Lo spietato è un ritratto di famiglia con criminale. I Carabinieri fanno irruzione ai matrimoni, lavorano giorno e notte, cercano di ristabilire l’ordine. Ma sembra essere il caos organizzato a prevalere, in una terra dell’abbastanza dove il pericolo numero uno dorme tranquillo all’ombra della Madonnina.

Santo Russo potrebbe essere uscito da un poliziesco di Giorgio Scerbanenco. Ma la vicenda si ispira al libro Manager calibro 9 di Pietro Colaprico e Luca Fazzo, alle “avventure” del boss Saverio Morabito, che nel 1992 decise di pentirsi e vuotare il sacco con la polizia. Fu un duro colpo per la ‘ndrangheta di Platì. Il regista Renato De Maria richiama il suo Italian Gangsters, per immergersi nel mondo della finzione, nell’anima nera dell’Italia già affrontata ne La prima linea (i tormenti di Sergio Segio prima dell’evasione dal carcere di Rovigo della compagna Susanna Ronconi). Sceglie di adottare un ritmo gagliardo, dosa bene l’ironia e punta anche il dito contro gli artistoidi e i radical chic.

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Il montaggio è rapido, i decenni scorrono veloci. Sullo schermo restano impressi tre colori: rosso, blu e giallo, che si alternano, si mescolano, riempiono le periferie e le piazze del centro. Quelle della Milano altolocata, dei bar dove non bisogna affacciarsi sul retro, della droga che invade le strade.

Milano by day, Milano by night. Con gli anni Ottanta sullo sfondo, e la musica a tutto volume, da Stella stai di Umberto Tozzi a Self Control di Raf, passando anche dalla classica tarantella. Lo spietato è un viaggio musicale, antropologico, cinematografico, brillante nel riadattare i canoni del genere e intelligente nel non prendersi troppo sul serio. E Scamarcio a mano armata funziona ancora una volta, ça va sans dire.

Il film uscirà nelle sale l'8-9-10 aprile, e sarà disponibile su Netflix dal 19 aprile.