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"L'infedele"

"L'infedele"

Infedele

14.04.2003 - Autore: Luca Perotti
Il vecchio Bergman (Erland Josephson) è alle prese con una sceneggiatura sul tema dellinfedeltà. Riceve la visita e il supporto di Marianne (Lena Endre), unattrice chiamata a dare vita ai personaggi protagonisti del nuovo dramma dellartista. Lattrice rivive la storia con lui raccontando in prima persona la vicenda tragica di una donna, Marianne appunto, sposata con Markus (Thomas Hanzon), un talentuoso direttore dorchestra. Ladulterio commesso con David (Kristen Henriksson), il miglior amico di Markus, è pianificato in ogni dettaglio e consumato durante un soggiorno a Parigi. Ma quella che sembrava una semplice, consapevole trasgressione, genererà dei risvolti tragici. La relazione extraconiugale di Marianne muta ben presto in un regime di bigamia stabile che spinge Markus, sconvolto dalla scoperta, a chiedere il divorzio e laffidamento di Isabelle, la bambina costretta a subire la violenza psicologica di un incontrollabile rapporto a tre. David e Marianne decidono di sposarsi ma Markus è pronto a rinunciare alla prestigiosa carriera, pur di attuare la sua vendetta ottenendo la custodia della figlia.. Finché, sorprendentemente, Markus fissa un incontro con Marianne per giungere ad una soluzione amichevole; ma il prezzo da pagare per la donna è tanto semplice quanto squallido e fa esplodere la gelosia repressa di David con la conseguente rottura della coppia di amanti. La lucida disperazione di Markus lo porta a coinvolgere, invano, persino Isabelle nel compimento del gesto estremo. Il suo suicidio è la tragica conclusione di una vicenda di inganni reciproci, di strazianti rimorsi e degradanti sorprese: Marianne scopre che Markus ha portato avanti una relazione clandestina con una collega per numerosi anni. A conti fatti, quindi, anche linnocente Isabelle è stata costretta a tradire, nascondendo le doppie vite dei suoi genitori, in una reiterata autotortura.   Il commento Negli occhi sbigottiti di Bergman che ascolta nel suo studio le vicende di Marianne si coglie limpossibilità di un autore di ridurre in sceneggiatura gli infiniti tormenti dellanimo umano. La storia fittizia si mescola ai ricordi autobiografici dellanziano artista, resi evidenti dalla fotografia di Isabelle chiusa nel cassetto. Bergman assiste al variare degli stati danimo dellattrice, al pesante carico di parole ed emozioni, come uno psicanalista alle prese con il proprio subconscio. Le vite sgraziate dei protagonisti della storia, offuscano con ulteriore crudezza la sconfitta del letterato bisognoso di unattrice in grado di impersonare le afflizioni tracciate su carta. La storia raccontata, poi, è un doloroso travaglio che ha una sola vittima, Isabelle, soffocata da una serie di infedeltà reciproche compiute da individui colti nel loro inabissarsi e svilirsi fino allo sfacelo e alla morte. Come ennesima riprova dellimbarazzo di fronte alla degenerazione, il finale sembra non poter giungere mai, ed è perciò prolungato attraverso verbose digressioni che segnalano lirrealizzabilità di qualsiasi catarsi.   In sintesi La sofferenza taciuta di una bambina di fronte alle manifestazioni di fallimento di tre adulti artefici di un vicendevole gioco al massacro. Lennesima variazione sul tema scritta da Ingmar Bergman e diretta da Liv Ullmann alla maniera del maestro svedese, con qualche ridondanza.   Il giudizio Una tragedia da camera, prolissa e statica che scava nei recessi dellanimo umano.  
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