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La recensione di Io C'è, Edoardo Leo profeta in patria 

Il nuovo film di Alessandro Aronadio scherza coi santi, ma prima di offendersi si consiglia di dotarsi di ironia e 'amor di logica'.

28.03.2018 - Autore: Mattia Pasquini
Esistono religioni plausibili? La risposta è immancabilmente dentro ciascuno di noi, e probabilmente è giusta, stavolta. Ma se c'è chi dubita di rivelazioni millenarie o preferisce lo scolapasta pastafariano alla kippah o al velo, tanto vale citare il saggio Quelo per approcciare il nuovo culto ideato da Alessandro Aronadio & Co. in Io C'è, nei cinema dal 29 marzo. Una sintesi geniale di monoteismo e panteismo che potrebbe facilmente diventare realtà, o che forse già lo è. E che potrebbe diventare una delle commedie più discusse della stagione.



D'altronde ci vuole coraggio a pensare a una commedia sulla fede, in Italia, figuriamoci a farla. E da atei, come dichiarano di essere il regista ed Edoardo Leo, sceneggiatore e protagonista principale del film. È lui il proprietario del (finalmente realizzato, anche se in un Bed & Breakfast in disarmo) "Miracolo italiano" che decide di inventarsi una religione per poter non pagare le tasse, scatenando un effetto domino che potrebbe non terminare con l'accensione delle luci in sala.

Nell'Italia della crisi avevamo visto quasi di tutto, perché dunque scandalizzarsi nel trovare realizzati anche i sogni nascosti di molti, quelli più indicibili, ormai informati dall'individualismo e utilitarismo imperanti ovunque, soprattutto dopo l'esplosione dei social. Sogni che tutti possono permettersi, come ci viene suggerito dalla composizione della chiesa Ionista, rifugio per barboni in cerca di una Comunione più terrena e di gente qualunque, stanca di doversi confrontare con i sensi di colpa instillati da una educazione - quella sì - anacronistica.



Dopo le suore e il prete del geniale Orecchie, AronaDio conferma di avere ancora qualcosa da chiedere all'universo ecclesiale. O a chi vi si affida. Ma dubitando della prontezza ed esaustività di una eventuale risposta (a meno che non ci si accontenti della definitiva "42"), sarà bene seguire l'esempio del profeta di turno e cercare di godersi l'hic et nunc: i tanti sorrisi che ci regala l'anomala missione - dall'illuminazione sulla Tuscolana alla 'creazione' del decalogo (anti vegan) - e gli spunti di riflessione - sulla manipolazione dei fedeli e sull'elaborazione del lutto, nella liturgia e fuori - ad essa connessi. Ché in definitiva, questa sembra essere la morale della 'parabola', niente è tanto attuale e segno dei nostri tempi come l'esigenza di sentirsi in grado di agire sulla realtà che ci circonda, sia essa pubblica o privata, di illudersi di poter esser determinanti o di 'contare'. E niente tanto salvifico e umano come l'aver bisogno di rassicuranti dogmi, veri o falsi che siano, che ci facciano dormire sereni.

Io c'è, in sala dal 29 marzo, è distribuito da Vision Distribution.