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La recensione de La vedova Winchester, Helen Mirren non basta a salvare un horror già visto

Il nuovo film dei fratelli Spierig, tratto da una storia vera, attacca la libera circolazione delle armi in USA. Ma non riesce a graffiare

La vedova Winchester

19.02.2018 - Autore: Gian Luca Pisacane (Nexta)
Il cinema ama l’odore della paura, i brividi che scorrono lungo la schiena delle vittime, martoriate dalla follia sanguinaria del mostro (o dello squilibrato) di turno. I fratelli Spierig la sanno lunga in materia: sono anche i registi di Saw Legacy, il re del torture porn in salsa americana. Archiviata l’estetica della violenza fine a se stessa, presente anche nel loro Daybreakers – L’ultimo vampiro, ne La vedova Winchester i due mettono da parte le trappole mortali e si focalizzano sulle armi da fuoco. Abbiamo ancora negli occhi l’ascia che spacca la porta del bagno in Shining e la motosega di Non aprite quella porta. Mai però l’horror era scaturito da un fucile: tutti i fantasmi di questo film hanno avuto a che fare con una pallottola esplosa da un Winchester. E non si tratta di una strana inclinazione da western, ma del tentato attacco a una società che nelle armi affonda le sue radici. 

 
Il secondo discusso emendamento della Costituzione degli Stati Uniti garantisce ai cittadini la possibilità di tenere sotto il cuscino una pistola e, all’occorrenza, di usarla. Sembra che Michael e Peter Spierig vogliano sensibilizzarci non solo su questa controversa libertà, ma anche sui traffici sottobanco dei Paesi occidentali, che commerciano con i signori della guerra per il proprio tornaconto. Siamo tutti colpevoli perché non facciamo niente per cambiare le cose, suggeriscono. E se quei morti tornassero dall’aldilà per cercare vendetta? Se a quel punto il nostro senso di colpa non bastasse? 
 
Sarah Pardee Winchester è al centro di una maledizione, di un passato che ritorna e non concede requie, ma i potenti dormono tranquilli mentre finanziano stragi in tutto il globo. La denuncia sociale, che purtroppo rimane sullo sfondo, è l’unica luce nell’oscurità di un film privo di qualsiasi inventiva. Di case infestate da spettri millenari, magari non con cinquecento stanze, ne abbiamo viste anche troppe, e la trovata del bambino posseduto è da sempre la più ovvia e a buon mercato.  Il terrore arriva, come al solito, dalle mura domestiche che, abbandonato il mito del caldo focolare, si preparano a ospitare la prossima mattanza. 

 
Ma purtroppo ci sono pochi brividi in La vedova Winchester e, nonostante il budget da capogiro, la sensazione è quella di trovarci davanti a un’occasione perduta. Solo la didascalia “tratto da una storia vera” è la nota che può incuriosire. Una signora Winchester è davvero esistita nella California dell’Ottocento. Dopo la morte del marito, si ritirò a gestire “l’impresa” di famiglia, senza mai uscire dal suo immenso e lugubre palazzo. Naturalmente nacquero su di lei le più fantasiose leggende e Winchester House diventò un’attrazione turistica, come una delle case più infestate d’America. Verità o trovata commerciale? La vedova Winchester cavalca l’onda di questo morboso merchandising, e si trasforma in un intrattenimento all’acqua di rose, che può far sobbalzare solo qualche anima candida. Helen Mirren resta l’unico motivo per non lasciare la sala, prima che gli oscuri corridoi facciano a pezzi anche la nostra pazienza.  
 
La vedova Winchester è distribuito in Italia da Eagle Pictures. Qui il trailer.