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Il traditore - La recensione del film di Bellocchio su Tommaso Buscetta

Unico italiano in concorso a Cannes il regista torna a parlare della storia italiana e ci regala una grande interpretazione di Pierfrancesco Favino

23.05.2019 - Autore: Mattia Pasquini, dal Festival di Cannes
Del nuovo film di Marco Bellocchio si parla da tempo, sin dalle riprese che trascinarono Pierfrancesco Favino fino in Brasile per raccontare la vita del mafioso Tommaso 'Masino' Buscetta, storico pentito e collaboratore di giustizia degli anni novanta. E se ne continuerà a parlare, anche dopo la sua presentazione al 72esimo Festival di Cannes, dove rappresenta - in concorso - il nostro Paese. Che venga gratificato da una impronosticabile palma o da altri premi, Il traditore resterà un'importante testimonianza. L'ennesima prova personale e originale di un regista abituato a osservare la nostra storia, che arriva a dieci anni da Vincere, il film su Mussolini (anch'esso in concorso a Cannes), e a sedici da Buongiorno, notte, il film sul rapimento di Aldo Moro che in molti avrebbero voluto vedere premiato con il Leone d'Oro nel 2003.

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Più che in altri casi, lo sguardo stavolta si posa su un unico soggetto, al centro di una rete di rapporti, relazioni e figure che sembrano animarsi solo in funzione del protagonista. Lungi dall'essere un limite, la scelta dell'autore riesce così a permettere al pubblico di alternare con facilità l'inevitabile indignazione e una sorprendentemente naturale tendenza a empatizzare con 'Don Masino' stesso. Reso attraente e carismatico dalla scrittura di Bellocchio & Co. e dall'interpretazione di Favino, capace di una prova molto convincente anche a livello linguistico. Più in portoghese che in siciliano, forse, dove la lunga durata ogni tanto rischia di farlo apparire più caricaturale di quanto non sia.

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Una figura coraggiosa, di un 'anti eroe', "un traditore conservatore" come lo ha definito il regista, forse fin troppo compiaciuto dalla fascinazione che il pubblico potrebbe - o dovrebbe - provare per il cosiddetto "Boss dei due mondi". Un criminale che iniziamo a conoscere sin dalla festa in stile 'Padrino' della prima scena. E che seguiamo nella sua lunga confessione, contrappuntata da una serie di momenti fondamentali per la storia patria tenuti volutamente sullo sfondo e a tratti quasi didascalici nella loro poca necessarietà (come per l'esplosione di Capaci, fin troppe volte apparsa sullo schermo, ma qui utile a riportare lo spettatore a uno stato emotivo consono ad affrontare le disgustose scene successive).



Dettagli, più o meno riusciti, sui quali concentrarsi o da dimenticare rapidamente, che comunque compongono un affresco calibrato e riuscito. Fatto anche di sguardi, inquadrature e silenzi. Nel quale quello di cui più si avverte la mancanza è forse la percezione forte dello stile dell'autore. Quello che in passato aveva marcato decisamente le sue precedenti riletture della storia, nazionale e personale, e superato i limiti della cronaca e della mera interpretazione dei fatti.

Il traditore, attualmente nei cinema, è distribuito da 01 Distribution.

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