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Il testimone invisibile, la recensione del nuovo film di Stefano Mordini

Riccardo Scamarcio e Miriam Leone in un vortice di crimine e passione. I tanti volti della verità, il crollo di ogni certezza

Scamarcio

07.12.2018 - Autore: Gian Luca Pisacane
Anatomia di un delitto. Smontare e ricostruire, dalla violenza all'arresto. Flashback che si intersecano, si sovrappongono, con mille versioni delle stesse fatidiche ore. Una questione di sguardo, di come il regista Stefano Mordini decide di porsi verso la sua platea. Il fulcro de Il testimone invisibile è la parola. Non esistono momenti vuoti, ognuno deve far prevalere la sua versione.

È un gioco di inganni, di sottile manipolazione, della verità, di ciò che è stato, di quello che vedremo. La ragazza nella nebbia, quella creata dalla confusione, dal fumo negli occhi. Brividi nella notte, un duello quasi western in una stanza. Al posto della pistola, l'oratoria. Un uomo e una donna: un presunto colpevole (o forse è innocente?) e il suo difensore. Si resta inchiodati tra le mura di quello splendido appartamento, da cui sembra impossibile uscire. È un massacro, delle certezze, delle idee, della giustizia. Avvocati pronti a tutto, imprenditori disposti a sacrificare chiunque per non perdere il successo.



Stefano Mordini racconta un mondo criminale, a qualsiasi livello. Il suo è un modo di dirigere che va controcorrente nel nostro Paese. Sceglie un ritmo più "all'americana", con un montaggio frantumato e veloce. Le riprese dall'alto si alternano ai primi piani. Ma ciò che lo contraddistingue è il tempo. Gli piace soffermarsi, allungare le sue inquadrature anche solo di pochi secondi. Per aumentare la tensione, restare attaccato al suo protagonista.

Come anche in Pericle il nero, storia di un assassino in fuga, di un'umanità disgraziata. Che cerca la redenzione attraverso l'amore. Anche qui tutto nasce dalla passione, da un weekend proibito con la nuova fiamma, mentre la moglie aspetta a casa. Un incidente, un cervo, un morto. O forse sarebbe meglio dire: una camera d'albergo, uno sconosciuto, un morto. Quanti corpi? Chi sono i killer? Nessuna risposta. Con le continue ellissi, i dubbi, le domande che si accumulano.



Mordini gira come se avesse una penna in mano. Continua ad aprire e chiudere parentesi, a cancellare per riscrivere, a lasciare in sospeso per poi tornarci un momento dopo. Matita blu, matita rossa. Tutti i suoi personaggi sbagliano, e lui sottolinea, cerca di aggiustare, rimaneggia. È un lavoro di incastri applicato al cinema. Il rischio è di perdersi, di non ritrovarsi più. Allora la scelta più saggia potrebbe essere quella di accettare la bulimia di informazioni, scegliere di non sottrarsi al programmato disordine. 

Il testimone invisibile è un labirinto. Dove gli uomini diventano bestie mitologiche, superano le loro reali capacità, si improvvisano quello che non sono. Mordini alla fine non cerca una risposta a tutti i gli interrogativi. Il suo è un nodo gordiano: non si può sciogliere, bisogna tagliarlo di netto. Con tutte le conseguenze, le irregolarità, i colpi di scena a cascata, le coincidenze accidentali. E alla fine che cosa resta? Una ricerca forsennata, di un killer, di una vittima o forse della ragione che ormai sembra essersi smarrita nel buio dei nostri tempi. Remake dello spagnolo Contratiempo, disponibile su Netflix.

Il film uscirà nelle sale giovedì 13 dicembre, distribuito da Warner Bros Italia