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Il bene mio, Sergio Rubini mattatore in un film che riflette sui problemi dell'Italia (Recensione)

Il dramma dei terremotati e quello dei rifugiati convergono in un film un po' programmatico, ma che trova in Rubini la salvezza

Il bene mio

03.10.2018 - Autore: Marco Triolo
 
Ogni volta che un film si concentra su un personaggio solitario o un recluso, generalmente si dice che l'attore “regge il film sulle sue spalle”. Non è sempre vero, è più una frase che si tende a dire, un luogo comune. Ma nel caso de Il bene mio è vero.
 
Il nuovo film di Pippo Mezzapesa, regista che viene dal documentario e si vede, unisce due importanti temi di attualità – i terremotati in centro/sud Italia e i rifugiati in fuga dalle guerre in Medio Oriente – in maniera forse un po' troppo programmatica. Ma trova in Sergio Rubini la sua più grande salvezza.

 
L'attore pugliese è qui nei panni di Elia, unico abitante rimasto in un paesino antico, arroccato su un'altura e colpito, qualche anno prima, da un devastante terremoto. Il posto si chiama, tanto perché il sottotesto non sfugga a nessuno, Provvidenza. Elia è l'unico a non essere migrato a Nuova Provvidenza, costruita nella vallata sottostante. Ha deciso che questo è il suo paese e che non lo mollerà. Non solo, è convinto che non sia giusto averlo abbandonato senza tentare di ricostruirlo.
 
Elia è reale? È solo lo spettro di un luogo defunto? Non è troppo importante, perché Rubini gli dona una concretezza da uomo comune, coi piedi ben piantati a terra, la sua terra, e tutta una serie di abitudini, passioni e modi di fare che lo definiscono in maniera cristallina. È lui a farsi carico, come detto, del film e, proprio grazie a questa sua qualità reale e concreta, a impedire che caschi nel racconto morale didascalico. Perché se già è difficile gestire un'allegoria sui problemi cronici dell'Italia e la sua incapacità di progettare a lungo termine, il suo fuggire dai problemi anziché affrontarli, la sua tendenza a dimenticare il passato e non saper vedere il futuro, figurarsi se in più ci si infila un commento sulla situazione degli espatriati e sullo scontro culturale tra italiani e migranti. Pare un bignami di cinema “di sinistra” più che un'onesta riflessione sui tempi che corrono.

 
Ma per fortuna che c'è Rubini. E per fortuna che Mezzapesa ha effettivamente un buon occhio per le location e la resa del reale al cinema. Apice, il paese abbandonato in provincia di Benevento in cui è stato girato il film, trasuda cinema da ogni vicolo, da ogni crepa nei muri. A questo si unisce un comparto tecnico – fotografia, sonoro – di tutto rispetto. Tutto ciò dona al Il bene mio un'aura da piccola fiaba intima e un tono sognante che lo rendono piacevole, al netto dei difetti e al di là di qualche svolta progettata a tavolino di troppo.
 
In uscita il 4 ottobre, Il bene mio è distribuito da Altre Storie.

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