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I sessant'anni di Rambo

Sylvester Stallone presenta a Roma John Rambo, quarta avventura del guerriero armato di mitra e machete che per la prima volta ha diretto da sé. Ci ha parlato di quanto sia difficile lasciare per sempre i suoi amati personaggi.

Sylvester Stallone

08.02.2008 - Autore: Pierpaolo Festa
  “Gli eroi moderni  non devono necessariamente avere i muscoli, ma oggi hanno soprattutto bisogno di cuore e cervello” - comincia così Sylvester Stallone, arrivato a Roma per presentare la sua ultima fatica intitolata “John Rambo”.


  A sessantuno anni suonati, il vecchio Sly si mantiene sempre in una forma eccezionale e rivela il segreto di questa formula: “E’ tutto merito delle mie 3 figliole – dice l’attore – Il consiglio che do a tutti gli uomini è quello di correre dietro ai vostri figli. Perderete immediatamente peso!”. Nel quarto film, il primo della serie che l’attore dirige da sé, ritroviamo l’ex veterano del Vietnam che conduce una vita solitaria nella foresta tailandese, guadagnandosi da vivere con la caccia a serpenti velenosi.

La pellicola è interamente ambientata nell’inferno della Birmania, dove l’esercito strazia villaggi, uccidendo centinaia di persone ogni giorno.

“In Birmania la situazione è esattamente come l’ho descritta se non  peggio – continua Sly - Si tratta letteralmente di un inferno sulla terra. Dal momento in cui nessuno parla di questa situazione, ho pensato che  il film poteva far conoscere alla gente questo orrore e d’altra parte era anche il modo migliore di consentire a Rambo di tornare in questo suo inferno personale”.  L’attore e regista fa anche una classifica dei suoi film di “Rambo” preferiti e dichiara: “Il primo è come il primo figlio: magari ti da anche qualche problema ma sei sempre attaccato in maniera emotiva molto forte. Rambo 2 è molto americano e pieno di fantasia, una guerra combattuta alla maniera di Hollywood;  nel terzo, invece, i russi combattevano in Afganistan. È molto pericoloso realizzare film politici: due settimane prima dell’uscita di Rambo 3, Gorbaciov e Regan facevano la pace e d’un tratto il nemico sono diventato io. Mi hanno fischiato dovunque! Quest’ultimo film è invece quello che mi ha dato maggiori soddisfazioni”.  

La gente lo identificherà per sempre con i personaggi di Rocky e Rambo, due vere icone del grande schermo. A tal proposito Sly commenta: “All’inizio pensavo fosse una maledizione essere identificato con questi due personaggi. Oggi però lo considero un privilegio: si tratta della possibilità di interpretare la parte pessimista di un uomo oscuro. Un eterno soldato che rifiuta tutti. Allo stesso tempo anche quella dell’ottimista e generoso: una persona che basa tutta la sua vita sull’amore”.

  “Sarà molto difficile dire addio a Rambo  – conclude Stallone -  se dovessi abbandonarlo per sempre sarei molto depresso! Ho comunque deciso di lasciare il film aperto. Vedremo!”.