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Ghostbusters – La nostra recensione

Girlpower e gag irriverenti; il reboot sacrifica quasi tutto della pellicola originale ma non per questo fa del male assoluto

Ghostbusters

Ghostbusters

19.07.2016 - Autore: Alessia Laudati (Nexta)
Il termine reboot con il quale il film di Paul Feig si auto-definisce, è parola che fa spesso tremare i fan della versione originale di una saga. Questa volta almeno non c’è da avere paura. Perché Ghostbusters stravolge la storia tradizionale degli acchiappafantasmi e la trasforma in un prodotto nuovo e divertente. Che magari a molti sembrerà una deviazione poco interessante, ma per chi guarda al futuro dell’industria e dei temi del cinema apparirà invece come una boccata di aria fresca.

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In Ghostbusters i personaggi principali vengono reinventati in quella che è assolutamente una celebrazione del talento femminile di fare commedia. Le protagoniste sono infatti donne e oltre a ciò sono pure scienziate. Una categoria accademica che raramente viene sullo schermo affidata al genere femminile. Da queste scelte quindi è possibile capire come Paul Feig abbia scelto di rimanere fedele al proprio marchio d’autore, quello che lo ha visto realizzare alcune delle commedie più divertenti degli ultimi anni di successi al box office come Le amiche della sposa, affidando alle sue attrici il ruolo di far ridere attraverso una serie di gag esilaranti sullo sfondo della lotta al paranormale.

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Del resto parliamo di un gruppo di battutiste, le nuove ghostbusters, che proviene in parte dalla palestra comica del Saturday Night Live. Sono Kate McKinnon, Melissa McCarthy, Kristen Wiig e Leslie Jones, e nei panni di un gruppo di donne lottano per avere credibilità nel mondo scientifico con storie fantasmagoriche che di scientifico non hanno proprio nulla. Questo in sintesi è il cuore del film. Aggiungiamo poi ritmo e adrenalina con una serie di effetti speciali potenti, che sanciscono con chiarezza che il film è sia leggero, ma non per questo evanescente a livello di estetica e significato. Un’operazione insomma che lascia il segno. E pur marcando bene il confine del reboot, non fa rimpiangere l’idea di trovarsi di fronte a qualcosa di diverso che però funziona bene con tutti i nuovi elementi. Infine, a risentirne è un po’ il tono mistery. Perché tra una risata e una smorfia nerd i fantasmi fanno meno paura. Poca roba in ogni modo. Perché alla fine le domande da porsi per stabilire la qualità definitiva di un reboot, ovvero ‘Si tratta di un altra cosa rispetto all’originale?’ ‘e ‘Ne sentivamo il bisogno’?, ricevono due risposte assolutamente affermative.