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Game of Thrones, la recensione con e senza spoiler del gran finale

Si conclude dopo nove anni la serie che ha definito un decennio. Ecco cosa ne pensiamo del finale de Il trono di spade

Il trono di spade

20.05.2019 - Autore: Marco Triolo
“Mi dispiace di non esserci stato quando avevi bisogno di me”. “Eri esattamente dove dovevi essere”. È dura, durissima dire qualcosa sul gran finale di Game of Thrones senza incappare in spoiler. Ci proveremo. Ma sappiate che la vera recensione è dopo la parola “SPOILER”, e la potrete leggere solo dopo aver visto la puntata. Siete avvertiti.
 
Nove anni, otto stagioni. Game of Thrones ha definito un decennio di televisione, sfondando molte barriere (figurativamente e letteralmente), tenendo milioni di spettatori appesi a un filo narrativo complesso, ingarbugliato ma mai meno che appassionante. Una vera e propria telenovela fantasy – una definizione coniata dai detrattori, ma, come spesso accade, adottata poi anche dai fan – in cui le trame di palazzo, gli amori e le rivalità hanno via via lasciato spazio a episodi di più ampio respiro narrativo e visivo, con battaglie campali realizzate con mezzi paragonabili a quelli del cinema. In fondo, questo ha fatto Il trono di spade: ha portato il cinema in TV, confondendo la linea di demarcazione tra i due media. Più che mai in questa stagione finale composta quasi solo da episodi di durata cinematografica.

Ed eccoci qui. Dopo otto stagioni siamo giunti alla conclusione, e ci vorrà un po' per accusare il colpo. Un addio che lascia un vuoto, solo parzialmente colmato dalla consapevolezza che, abbastanza presto, vedremo un prequel della serie. A meno di sorprese, però, non potrà mai essere un evento come la serie madre.
 
Ma com'è questo finale di Game of Thrones? Senza rovinare nulla, è esattamente quello che i creatori David Benioff e D.B. Weiss avevano promesso: un finale agrodolce. Un finale in cui non solo molti personaggi trovano una chiusura del loro lungo viaggio, ma in cui si compie anche il tema profetico che ci ha accompagnati per tutta la durata: la rottura della ruota, la rottura del meccanismo di morte, sopravvivenza, sopraffazione che ha dominato Westeros per millenni. Tutto accade in un momento chiave, che resterà negli annali della serie, che mette in luce la bravura di uno degli attori e che trova il giusto compromesso. Ed è poi questo lo scopo finale di tutto.

 
I detrattori di quest'ultima stagione forse si placheranno almeno un po' vedendo la conclusione dell'affresco pensato da George R.R. Martin, Benioff e Weiss. La pazzia di Daenerys, che ha incendiato non solo Approdo del Re ma tutta la rete nei giorni scorsi, trova maggiore contesto. Non cambia il fatto che la sua conversione sia stata troppo frettolosa o forse mal gestita, ma per lo meno viene letta sotto una diversa luce, contestualizzata all'arco narrativo della Madre dei Draghi.
 
Ciò che conta di più è che Benioff e Weiss non abbiano deciso di lasciarci con un altro episodio di guerre e distruzione, di trucchi e colpi di scena esasperati. Ma con una storia intima il cui cuore batte forte nelle relazioni tra personaggi che ormai conosciamo come fossero parte della nostra famiglia. Non tutto è perfetto, non tutti i personaggi sono stati sfruttati a dovere in questo dittico finale. Ma, se tralasciamo i difetti e puntiamo ai massimi sistemi, Game of Thrones non poteva chiudersi meglio di così. Con una puntata dal tono solenne e austero, che coglie alla perfezione la speranza mista a paura che prova chiunque si trovi a costruire un mondo nuovo.
 
Un mondo che non è stato distrutto del tutto, che non ha cessato di esistere ma che, semplicemente, si è trasformato. E noi con esso.
 
E ORA LA RECENSIONE CON SPOILER! SMETTETE DI LEGGERE SE NON AVETE VISTO LA PUNTATA.

Si intitola “The Iron Throne” questo episodio finale de Il trono di spade. Un titolo più che mai calzante e allo stesso tempo ironico, visto il destino riservato alla famosa poltrona metallica. Un destino abbastanza atteso: dopo tutto, il senso stesso della serie era cambiare le cose e cancellare il vecchio mondo. E il Trono di Spade era il simbolo di quel vecchio mondo, perciò andava distrutto.
 
Che lo distruggesse Drogon era abbastanza una scommessa vinta. D'altro canto, il trono era stato forgiato da un drago e da un drago doveva essere abbattuto. Che Drogon lo avrebbe distrutto folle di rabbia e disperazione dopo la morte della sua regina, beh, questo invece non potevamo aspettarcelo. Che Daenerys ci lasciasse a metà episodio, anche questo non era prevedibile. Chi si aspettava che per lei ci sarebbe stata redenzione, probabilmente è rimasto deluso. Ma d'altro canto il succo del discorso che Tyrion fa a Jon nella cella, in cui il primo è tenuto prigioniero per tradimento, serve a contestualizzare la svolta oscura di Dany. Lei era questo, non ha agito contro la sua natura. Era “fuoco e sangue”, si considerava una liberatrice e avrebbe fatto di tutto per raggiungere quella visione di se stessa. Non avrebbe mai smesso di lottare, lei che per tutta la vita aveva fatto solo quello.

 
E così l'unica soluzione era toglierla di mezzo. E Jon lo fa – rispettando ancora una volta l'insegnamento del “padre”, “Chi emette la sentenza dovrebbe calare la spada” – in un momento di rara intimità. Per un attimo siamo come tanti gatti di Schrödinger: quel bacio potrebbe suggellare un patto che, anche se fondato su una strage difficilmente giustificabile, potrebbe portare a un mondo nuovo e illuminato. Poi quell'attimo, in cui tutto potrebbe accadere, vita e morte, odio e amore, collassa insieme al corpo di Daenerys, trafitto al cuore, letteralmente, dall'uomo che amava.
 
La storia di Daenerys finisce così, a nemmeno 40 minuti dall'inizio della puntata. Ma, come accade ai più grandi eroi e leader, è la sua visione che conta. Non Daenerys stessa ma l'essenza di ciò che predicava: la rottura della ruota. E questa arriva grazie all'altro grandissimo personaggio che ha fatto del ragionare fuori dagli schemi il suo marchio di fabbrica e la sua unica arma per la sopravvivenza: Tyrion. In una scena che non mancherà di regalare a Peter Dinklage un altro Emmy, e che ha forti echi del suo processo per la morte di Geoffrey, Tyrion determina il futuro di Westeros proponendo che i re non vengano più scelti per diritto di sangue, ma nominati dai nobili di Westeros (ci spiace Sam, ma il tuo sogno democratico sarebbe stato davvero troppo anche per Game of Thrones). Non solo: è Tyrion a proporre il nome del nuovo Re.

 
Chiunque abbia scommesso su Bran Stark ora starà stappando bottiglie di Champagne. Viene da sorridere ripensando a tutte le teorie su di lui: in realtà e il Re della Notte! Può viaggiare nel tempo e dunque ha fatto impazzire il Re Folle! Era il famigerato Bran il Costruttore! Niente di tutto questo. Ciò che interessava a Martin, Benioff e Weiss era che Bran fosse la memoria di Westeros e l'unico a poter regnare senza farsi trasportare dalla collera. Ma con la ragione e la saggezza del Corvo con Tre Occhi. Non dubitiamo che, affiancato da Tyrion in veste di nuovo Primo Cavaliere, possa regnare per lunghissimi anni. Piuttosto viene da pensare che, alla sua morte, lascerà un vuoto duro da colmare. Ma dopo tutto niente è eterno: Drogon è ancora a piede libero, e non è detto che il nuovo equilibrio sia quello giusto e duraturo.
 
È giusto che la serie si concluda con gli Stark, così come era iniziata. In un bellissimo montaggio vediamo Sansa incoronata regina del regno libero del Nord e Arya partire per... l'America, o qualcosa del genere. Da assassina a esploratrice: finalmente ha trovato una strada che non includa lasciare dietro di sé una scia di cadaveri. E ha ascoltato l'ultimo consiglio di Sandor Clegane: dimenticare la vendetta, vivere.

 
Infine, il sipario non poteva che calare sull'eroe che, nel corso di otto stagioni, ha scoperto se stesso, il suo posto nel mondo, è morto e risorto e ha salvato tutti: Jon Snow. Lo vediamo lasciare Castello Nero, dove è stato destinato ancora una volta per evitargli una condanna a morte da parte degli Immacolati. Lo vediamo dirigersi a nord, presumibilmente per accompagnare i Bruti nel viaggio di ritorno alle loro terre. Ma qualcosa nel suo sguardo ci dice che, forse, Jon Snow, o Aegon Targaryen o comunque vogliate chiamarlo, abbia scelto per sé un destino diverso. Forse quello di successore di Mance Rayder come re della Gente Libera. 
 
E in fondo sta tutto lì: ognuno dovrebbe poter scegliere il proprio destino. Che sia il Nord, “ciò che è a ovest di Westeros” o l'isola di Naath, poco conta. Conta solo essere liberi.