Quando nel 2015 David Letterman lasciò la sua scrivania e la CBS passò il suo show a Stephen Colbert, lo storico presentatore dichiarò: “Non ho mai capito perché lo non abbiano invece affidato a una donna”. Sono passati gli anni e la musica non è ancora cambiata. In questo oceano invaso da uomini, ci sono quelli dallo humour affilato e intelligente come Colbert o Seth Meyers. C'è Jimmy Kimmel che non ha paura di piangere davanti alla telecamera. James Corden inventa format geniali in stile Carpool Karaoke. E Jimmy Fallon, invece, gioca sul sicuro puntando su umorismo infantile, costantemente attento a non scalfire il confine del politicamente corretto. Sono questi i re dei talk show statunitensi. Da Los Angeles a New York una nuova generazione di presentatori che grazie a internet è stata in grado di conquistare centinaia di migliaia di fan anche in Europa e nel resto del mondo.
Tutte le volte la cornice è la stessa: ci sono una scrivania, una banda di accompagnamento e una passerella sulla quale prima o poi qualsiasi superstar del pianeta viene a presentarsi. Quello è il mondo che vediamo attraverso lo schermo, e film come Late Night (che esce in Italia con il titolo moscio di E poi c’è Katherine) non solo ci offre pieno accesso dietro le quinte di questi show multimilionari, ma rivela anche una grande verità: questi presentatori hanno praticamente zero libertà creativa. Costantemente sotto una pressione legata a sponsor, regole promozionali e indici di ascolto.
Cercacinema: vai alla scheda di E poi c'è Katherine per trovare la sala più vicina e l'orario del tuo spettacolo
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Il film è un’operazione voluta da Mindy Kaling (celebre per la serie The Mindy Project e vista al cinema lo scorso anno in Ocean’s 8) produttrice, sceneggiatrice e protagonista al fianco della sempre mostruosa (di bravura) e spassosa Emma Thompson, qui nei panni della presentatrice di uno dei talk show di punta del Paese. Una trasmissione in crisi creativa che non riesce più a fare gli ascolti di un tempo. La Thompson incarna un personaggio che per anni è andato avanti con il pilota automatico: troppo snob per rinnovarsi nel mondo dell'entertainment e troppo insicura per scoprire nuove aree del suo talento da mostrare al pubblico. "Vuoi sapere chi stava da Fallon la scorsa settimana mentre tu avevi in studio Doris Kearns Goodwin? - le chiede il suo capo interpretato da Amy Ryan in una delle prime scene del film - C'era Robert Downey Jr. e insieme hanno fatto il bagno a un pastore tedesco. E' stato incredibile".
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Come farà dunque questo "dinosauro televisivo" a rinnovarsi ed entrare nel nuovo secolo dell'entertainment? La risposta sta nel titolo del film: E poi c’è Katherine. Il personaggio interpretato dalla Kaling viene assunto nella Writer’s Room, stanza degli sceneggiatori composta da soli uomini. Come una Mary Poppins alle prime armi, Katherine travolgerà quel mondo con la sua positività, puntando su coraggio, onestà e cuore. Siamo chiaramente davanti a una favoletta, ma anche un film il cui punto di forza risiede in humour e intelligenza. Una commedia che riflette bene su vantaggi e derive del modo di fare TV nell'era di internet e che rimane perfettamente a fuoco quando ci mostra una realtà dominata da uomini e la difficoltà delle donne a essere prese sul serio da questi.
La Thompson con la sua bravura gigioneggiante rischia di rubare il film e portarselo a casa da sola (e quando non lo fai lei, allora ci pensa un gigante come John Lithgow che qui interpreta suo marito), ma sono proprio i suoi duetti con la Kaling a riassestare l’equilibrio e dare spazio a una commedia brillante sul mondo della televisione. Una storia un po’ scontata ma calda come una coperta.