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Cocaine, McConaughey ce la mette tutta in un gangster movie senza carisma (Recensione)

Dal regista di '71 una storia vera che vorrebbe essere realistica ma finisce solo per annoiare

Cocaine - La vera storia di White Boy Rick

07.03.2019 - Autore: Marco Triolo
Sono passati cinque anni dal debutto alla regia cinematografica di Yann Demange, '71. Cinque anni in cui il regista francese è andato vicino a dirigere Bond 25 ma non ha fatto molto altro. Ora esce la sua opera seconda che, da regista da tenere d'occhio, potrebbe farlo retrocedere ad autore di generici film storico-biografici. Perché in Cocaine – La vera storia di White Boy Rick la puzza da dimenticatoio ricorda quella di Black Mass – L'ultimo gangster. Quel film con Johnny Depp che era talmente carico di cliché delle biografie sui gangster da spogliare quella di Whitey Bulger di qualsiasi interesse.

 
 
Diciamolo subito: a differenza di Serenity, si capisce per quale ragione Matthew McConaughey abbia accettato il ruolo nel film di Demange. Non ne è il protagonista, se mai una spalla di lusso (è il padre del White Boy Rick del titolo) a cui viene però dato del materiale buono. È un personaggio complesso, il suo: un padre che tenta di tenere insieme una famiglia danneggiata – la figlia maggiore è tossicodipendente, il figlio ha mollato la scuola e non ha voglia di lavorare – alla meno peggio. Arrivando a vendere armi illegalmente pur di raggiungere un sogno lontano e impossibile, quello di aprire un negozio di videoregistratori (siamo nel 1984). Un uomo che, insomma, è mosso da buone intenzioni ma non è capace di metterle in pratica. McConaughey sperimenta almeno un po' con l'accento (cosa che si perderà in italiano) e regala un paio di momenti emotivi dei suoi. Ma non è abbastanza per salvare il film.
 
Il problema è la storia principale, quella del protagonista Rick Wershe Jr. (Richie Merritt). Sulla carta interessante: Rick è un ragazzo bianco che vive in un quartiere popolare di Detroit e frequenta la gang del suo migliore amico afro-americano. Unico bianco in un ambiente di neri, viene accettato in questa famiglia criminale estesa e prova a salirne i ranghi, ma viene subito intercettato dall'FBI che gli propone un patto scellerato: aiutarli a incastrare i suoi capi per fermare lo spaccio di crack nella zona. Rick diventa così informatore dei federali salvo poi mettere in pratica quello che ha imparato per creare il suo giro di affari.

 
 
Peccato che il film non decolli mai davvero. Il desiderio di Demange di attenersi alla realtà sfocia in un tono piatto e nella mancanza di trasporto. I personaggi, fatto salvo quello di McConaughey, non hanno abbastanza carisma da restare impressi. I dialoghi danno per scontate troppe cose e, se uno ha poca familiarità con l'epoca storica e la lotta alla droga dell'amministrazione Reagan, rischia di perdere qualche passaggio. Tutto si svolge meccanicamente, in maniera superficiale e secondo schemi già visti che, forse, Demange vorrebbe eludere in favore di un cinema verità più vicino a Zodiac che a Donnie Brasco. Ma in cui finisce per cascare con tutte le scarpe.
 
Arrivati alla fine, il film sembra chiederci di parteggiare per il protagonista quasi fosse un innocente travolto da eventi di cui non aveva colpa. E non si capisce davvero perché, dato che Rick Wershe tutto era tranne che un innocente, pur non avendo mai ucciso direttamente nessuno nella sua carriera. Ma se cerchi di puntare sulla non-violenza per rendere simpatico al tuo pubblico uno spacciatore di crack, forse hai sbagliato qualcosa in partenza.
 
Cocaine – La vera storia di White Boy Rick è distribuito in Italia da Warner Bros.