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Avengers: Infinity War, la recensione del kolossal Marvel spettacolare, epico e cupo

Thanos mattatore del blockbuster che riunisce la maggior parte dei supereroi: un capitolo necessario e spiazzante

25.04.2018 - Autore: Gian Luca Pisacane
Rivoluzione in casa Marvel. I colpi di scena piovono a cascata, e questo diciannovesimo film sui supereroi rappresenta una svolta, almeno per gli standard del fumettone in salsa americana. In Avengers: Infinity War si ribaltano i canoni, si sdoppiano le linee narrative, e a trionfare è lo spettacolo. L’inizio è dei più classici: larghe pacche sulle spalle, scontri da antologia e muscoli ipertrofici. Ma poi si cambia marcia. Le battute machiste lasciano il posto a una destrutturazione dei nostri paladini. Si scoprono uomini, fragili anche se extraterrestri. Non basta un martello a determinare il potere, la furia di Hulk non è abbastanza contro un nemico più grande di loro. Devono confrontarsi con i sentimenti, le emozioni, che si trasformano nei loro punti deboli. Il sacrificio è necessario, mentre sull’intera vicenda incombe una sorta di predestinazione. Il futuro è cupo, il fato non è più dalla parte dei buoni. E anche l’ironia piano piano sparisce, perché si respira aria di tragedia. 

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Il declino dell’umanità non si può rallentare. Non ci sono risorse per tutti, l’equilibrio dell’universo è compromesso. L’epica si prende la scena: i figli si ribellano contro i padri, gli innamorati si dividono per poi svanire nell’oscurità. L’atmosfera è cupa, il destino incombe. Difficile immaginare un film del genere, specialmente dopo la demenzialità di Thor: Ragnarok e lo spirito politico di Black Panther. Però qui l’attenzione non è sul colore della pelle, ma sulla galassia intera. Si combatte per terra, per aria e nello spazio, per parafrasare il famoso discorso di Winston Churchill ne L’ora più buia, fino allo scontro decisivo estenuante nella sua durata, ma necessario per sfoderare l’asso nella manica delle ultime sequenze.
 
Poi cala il sipario e le domande superano le certezze. Il mattatore è Thanos, un villain travolgente, molto diverso dall’affascinate Loki del primo Avengers e dall’ira colonizzatrice del robottone di Avengers: Age Of Ultron. I tempi sono cambiati, c’è bisogno di una maggiore consapevolezza per un franchise interminabile, di cui non si vede la fine. Così i nemici rubano la scena alla tecnologia di Wakanda e all’anima leggera di Spider-Man. 

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Alla festa ci sono proprio tutti, o quasi: Hulk, Thor, Capitan America e l’elenco sarebbe ancora lungo, ma Avengers: Infinity War non è una carnevalata. Scruta nel marcio, sfodera una minaccia che, all’apparenza, non può essere sconfitta. È un film consapevole, per certi aspetti dark, dove Thanos regna incontrastato. La sua forza è l’ambizione, il cinismo, ma anche la necessità di mettere ordine nel cosmo. Che cosa sareste disposti a sacrificare per salvare il miracolo della vita? Difficile rispondere. Le botte da orbi non risolvono più le dispute, serve qualcosa di più alto. La felicità cede il passo al dolore, in un capitolo necessario, che spiazza. Il vento non è più lo stesso, la crisi e l’incertezza hanno colpito anche gli Avengers. L’angoscia ha contagiato l’entertainment, il cinema ci sta per regalare una nuova apocalisse.  

Avengers: Infinity War è distribuito nelle sale da The Walt Disney Company.

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