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Avengers: Endgame, la recensione senza spoiler del film più atteso dell'anno

11 anni, 22 film , un'epoca che si chiude. La conclusione di una saga che delinea un nuovo orizzonte

Avengers

24.04.2019 - Autore: Gian Luca Pisacane
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Endgame. La fine del gioco, forse di un’epoca. Undici anni per ventidue film, iniziati nel 2008 con Iron Man. I mitici Vendicatori arrivano al crepuscolo, e cavalcano a testa alta verso il tramonto. Come se fossimo in Sfida nell’Alta Sierra o ne Gli spietati. I supereroi sono i nuovi cowboy, i cavalieri della valle solitaria votati alla serialità. Un universo di episodi interconnessi, di realtà aumentate, intrise di un gigantismo sospeso tra l’orgia e il visionario. Un cinema profondamente canonizzato, dove il regista è solo un burattino al servizio di un sistema mastodontico. Che ha segnato l’immaginario di più generazioni, ha cercato di abbracciare gli interessi di tutti, mettendosi anche a fare politica. E in Avengers: Endgame il consueto politically correct di certo non manca (femminismo, questione razziale).

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Ma qui a farla da padrone è l’imponenza, la necessità di chiudere tutte le linee narrative (o quasi), di mettere un punto a più di un decennio di imprese spericolate. Come? Tornando sui propri passi. In fondo quello dei supereroi è stato un lungo viaggio, nato dalla crisi economica, dal successo inaspettato. Così Avengers: Endgame riavvolge il nastro, ragiona su se stesso, sulle mille avventure, sugli errori commessi. Gioca con l’effetto nostalgia, ricorda per poi andare avanti. Con i nostri paladini ormai stanchi, non più ipertrofici, piegati dalla sconfitta e dagli anni.

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Tre ore per riportare alla mente come eravamo, come tutto è nato, come è arrivato fino a noi. In un ottovolante lanciato a folle velocità, attraverso la Storia, i momenti chiave, le tragedie di ognuno. La Marvel (cioè la Disney) mira a spodestare Avatar dalla vetta dei più grandi incassi di sempre, e lancia la sua sfida, rivelandosi moderna, arguta nel saper realizzare quello che la platea si aspetta.

Non ha paura di esasperare la durata, crea la sua apocalisse, distrugge per plasmare. La Fase Quattro arriverà dopo l'imminente Spider-Man: Far From Home: Vedova Nera, Black Panther, Doctor Strange, i Guardiani della Galassia hanno già un altro capitolo annunciato. Quindi è davvero la fine? Forse. Ma a morire non è di certo il format, lo schema trionfale, la cavalcata verso la vittoria. Qui forse a mancare è il guizzo in stile Avengers: Infinity War, la tragedia contro l’happy end, il nemico che soverchiava il guerriero, rubandogli la scena. Con un finale da antologia.

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Il terreno era già stato preparato dal gelido cinismo di Thanos, dalla ricerca di un’armonia costruita sul sangue, sulla solitudine. La seconda parte del dittico raccoglie il testimone, scatena il pandemonio definitivo, punta molto più sull’ironia rispetto a Infinity War. Dà vita a un enorme ring, dove scannarsi a più riprese, dove fisica quantistica e paradossi (temporali e non solo) dominano la scena. Dove dei e umani si dividono per ricongiungersi, si allontanano per poi scoprirsi uguali, in una parabola che ben conosciamo: crollo, speranza, redenzione. Non resta che gettarsi nella mischia, schierarsi, parteggiare per i più deboli, agitare le bandiere, mentre Anthony e Joe Russo alternano camera a mano, droni, dolly e piani sequenza. Sapendo che in fondo l’endgame è solo la porta per un altro mondo.

Avengers: Endgame è distribuito nei cinema da The Walt Disney Company Italia.