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Ave, Cesare! - La nostra recensione

Tornano i fratelli Coen, e con loro anche una Hollywood anni '50 delirante e confusa fin troppo simile a quella che conosciamo

12.02.2016 - Autore: Mattia Pasquini (Nexta)
A proposito di Davis e Il Grinta avevano decisamente convinto i fan di Ethan e Joel Coen, che per l'apertura del Festival di Berlino rispolverano lo humor dei bei tempi e regalano perle e risate - anche facili, ma di classe - nell'ultimo Ave, Cesare! Quasi una preghiera, più che un 'saluto', che il mondo del cinema rivolge a se stesso in una surreale crisi di identità nella quale vediamo dibattersi - elementi più o meno consapevoli - una carrellata di star di primo livello.
 

Su tutti il confuso e orientabile Clooney, diviso tra propaganda politica e plagio, pronto a seguire il modello di turno, apparendo credibile, per il breve tempo necessario a vivere una nuova vita. L'attore perfetto. Indifferente a pettegolezzi sulla propria carriera come ai dubbi che invece attanagliano l'Eddie Mannix di Josh Brolin, trait d'union delle tante figure rappresentate, tra le quali spicca più la stella per caso del cowboy di Alden Ehrenreich che la Esther Williams di Scarlett Johansson.

Ma come Herbert Marcuse e Mannix insegnano, pur con principi di segno e con finalità diverse, non sono gli attori i protagonisti, le star. Solo pedine. Di certo in balia della fantasia dei due fratelli burattinai, che da tempo non ci regalavano un mosaico del genere, nel quale non tutte le tessere risultano della stessa grandezza, ma dove anche le più piccole o imperfette finiscono con l'assolvere la loro funzione e far risaltare le altre.

La paradossale McDormand montatrice-fumatrice è un ammiccamento per famigli, ma anche le sorelle Swinton o il disperato quanto affettato regista Fiennes, il factotum Jonah Hill e il 'Gene Kelly' Tatum sono essenziali. Non solo a colmare gli interstizi tra le diverse storie, anarchiche e irregolari, ma a tenerle insieme. Ed è impossibile non pensare alla vergognosa vicenda Trumbo raccontata dall'ottimo film di Jay Roach nell ammirare la divertente versione del circolo comunista losangelino, vera colonna sovversiva agli ordini dell'espatriato 'Herb'.

Mai derisi, per quanto a tratti ridicoli, tutti i protagonisti condividono la sorte dei loro creatori. E viceversa. Risulta difficile prendere sul serio qualcuno o qualcosa qui. Siamo a Hollywood! Che sia un monito alla seriosità e autoreferenzialità attuali dell'ambiente? Di certo una celebrazione, di certo allegorica; intanto nel vedere la rappresentazione delle tante star dell'epoca pur sotto falso nome (Robert Taylor per Clooney, Tim Holt per Ehrenreich, Hedda Hopper e Louella Parsons per 'le' Swinton, Margaret Booth per la McDormand) o solo sottintese (come Clark Gable e Barbara La Marr a lungo sospettati delle pene scontate dal povero Joseph Silverman).



I Coen non sono nuovi a raccontarci fiaschi con fischi, d'altronde. Anche se sembrano piuttosto chiari i riferimenti all'atmosfera che si respirava in quegli anni, esplicitamente rappresentata nel film già citato (L'ultima parola - La vera storia di Dalton Trumbo) e fortemente discriminatoria nei confronti della "Minaccia rossa". Eppure non sembrano servire i temuti comunisti per trovare una connessione tra la fede ritrovata nel cosiddetto 'Oppio dei popoli' e il tanto amato cinema, definito "balsamo per l'umanità", ma forse più "una architettura di mattoni e sangue" che inizia a mostrare delle crepe. Ma quelle crepe potrebbero non esser state chiuse, e non solo nel cinema, e non solo Oltreoceano, lasciandoci in balia del più classico del "panem et circenses" a consolarci ridendo di battute geniali come l'esclamazione - mai sentita, e nemmeno immaginata! - "Jesus Christ on a Scooter".


Ave, Cesare! in sala dal 10 marzo, è distribuito in Italia da Universal Pictures.