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A Very Murray Christmas - La nostra recensione

Bill Murray ha il compito di tenere insieme un film-musicale legato solamente da note più o meno tradizionali. Ma è l’attore giusto? 

A Very Murray Christmas

10.12.2015 - Autore: Alessia Laudati (Nexta)
Il fatto è chiaro. Alla faccia di bronzo di Bill Murray, un po’ malinconica e sempre impenetrabile, vuoi davvero bene. Spesso di default, e spesso nonostante il ritmo lento delle battute che gli mettono in bocca, perché quel volto ha comunque una sua riconoscibilità ed espressività forte e identitaria, che piace e che non stanca mai di divertire.
 
Accade così anche in A Very Murray Christmas, commedia musicale diretta da Sofia Coppola e prodotta in esclusiva per Netflix. Nel film infatti, dominano una serie di sketch canori, poco legati e fluidi tra di loro, che provano sostanzialmente a essere credibili grazie alla fama e al carattere del loro mattatore Murray. Ma forse non è la personalità più in linea con l'atmosfera festosa e ingessata del Natale. Partiamo tuttavia dall'inizio. Qui Bill fa Bill. Lo vediamo disperato – sempre con molto contegno - perché il suo show di Natale programmato in diretta dall’hotel Carlyle di Manhattan è saltato a causa di una feroce tempesta di neve. 
 
Un dato atmosferico che intrappola l’attore e gli ospiti dell’hotel in una lunga notte di appuntamenti disfatti e atmosfere natalizie che non sembrano voler cedere all’imprevedibilità del meteo. Procede così questo film di Natale di nemmeno un’ora, che negli intenti sembra voler spezzare la prevedibilità delle pellicole natalizie, rimanendo agile sulla struttura, avaro di dialoghi e disconnesso perché sostanzialmente diretto dallo sguardo stralunato di Murray e Coppola insieme.

Sembra una scelta d’autore, questa poca linearità, anche perché i vari raccordi tra le storie degli ospiti, dove spiccano tantissime guest star -  Amy Poehler, George Clooney, Miley Cyrus, i Phoenix, Paul Shaffer, Michael Cera, Jason Schwartzman e Chris Rock - appaiono come formalità da sbrigare in attesa di vedere sullo schermo il successivo numero musicale. Però il dubbio rimane. Ovvero se questa scarsa capacità di dare tono alle singole storie e contemporaneamente alle gag canore, dove Murray è mattatore di basso profilo, spalla per gli ospiti, sempre con la sua aria poco partecipe anche quando è il principale one man show, sia una volontà precisa di dare al racconto di Natale per eccellenza una sua dimensione surreale, oppure se confrontandosi con una materia così canonica, qualcosa non sia andato proprio per il verso giusto.
 
E tra la voglia di fare un prodotto diverso, e il tono surreale della messinscena, non si sia finito per fare un lavoro che non è né tradizionale e né innovativo. E poi, tutto è in questo caso pesato sulle spalle di Murray, che forse non è l’attore giusto – perché poco euforico, poco allineato - per sostenere un credo così forte come quello relativo al Natale tipicamente tradizionale