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Stasera in TV 25 aprile: Sette anni in Tibet, Brad Pitt alla corte del Dalai Lama

Jean-Jacques Annaud racconta la storia dello scalatore tedesco delle SS che divenne tutore del Dalai Lama.

25.04.2017 - Autore: Mattia Pasquini (Nexta)
Uno spettacolo affascinante e magnetico è quello offerto da Sette anni in Tibet con cui Jean-Jacques Annaud (Il nome della rosa, L'amante) adattò il romanzo dello sciatore e alpinista tedesco. E non solo per la bellezza mozzafiato dell'allora trentaquattrenne Brad Pitt, qui protagonista principale di una avventura storica e spirtuale insieme che sollevò più di una controversia.

Il film. Lo scalatore Harrer, di simpatie filonaziste, nel 1939 abbandona la moglie incinta per recarsi in Tibet con l'intenzione di scalare una delle cime della catena dell'Himalaya, ma viene fatto prigioniero dagli inglesi. Dopo alcuni anni di prigionia riesce a fuggire, e scalando l'Himalaya arriva in Tibet. Il Dalai Lama vuole conoscere l'austriaco biondo, e i due iniziano un rapporto di amicizia.



Dietro le quinte. La Jetsun Pema che interpreta la madre del Dalai Lama è in realtà la sua vera sorella. Ma un contatto diretto con il cosiddetto "Oceano di saggezza" venne stabilito attraverso l'intervento di Richard Gere - inizialmente considerato per il ruolo di Heinrich Harrer (insieme a Ralph Fiennes e Daniel Day-Lewis) - che gli fece avere lo script per ottenere la sua approvazione. A causa della difficoltà a girare nei veri luoghi raccontati, i set di Lhasa vennero ricostruiti a Mendoza e a La Plata in Argentina (dove vennero persino importati degli esemplari di Yak), in Nepal, Austria e Canada, anche se dopo due anni lo stesso Annaud ammise di aver girato segretamente in Tibet almeno venti minuti di film. Anche per questo - oltre al fatto di aver rappresentato in maniera negativa i militari cinesi - probabilmente Jean-Jacques Annaud, Brad Pitt e David Thewlis vennero banditi 'a vita' dalla Cina.

Perché vederlo. Commovente e altamente spettacolare, il film di Jean-Jacques Annaud punta molto sull'anima new age e su una forte spiritualità, che emerge soprattutto dagli scontri culturali dello scalatore tedesco alla scoperta dell’Himalaya, ma soprattutto di sé e della propria pace interiore. Il regista francese si conferma molto abile nell'adattamento di romanzi - in questo caso quello autobiografico che lo stesso Heinrich Harrer pubblicò nel 1953 - e nella trasformazione di storie umane e singolari in epiche universali… per quanto, in questo caso, la presenza del Divo Brad rischi di oscurare molto del lavoro fatto, pur attirandovi la luce dei riflettori.



La scena da antologia. Sono molti i momenti toccanti o volutamente edificanti, per non parlare dell’emozione che suscitano la drammatica e dolorosa scalata di Heinrich Harrer o la sua struggente lettera al figlio, ma è dove emerge la differenza tra le due culture che il film cattura l’attenzione… Come nel racconto della Pema Lhaki di Lhakpa Tsamchoe sull’avversione dei tibetani a “spingersi avanti”, seguendo il proprio ego”, in seguito allo sfoggio da parte del personaggio di Pitt dei propri successi. Ma soprattutto nella quasi ridicola - per noi occidentali - cerimonia di raccolta e interramento dei vermi trovati durante la costruzione del cinema… La possibilità che questi fossero la reincarnazione dei propri cari scomparsi fa sorridere, ma l’insegnamento a rispettare ogni creatura vivente resta prezioso.

I Premi. Solo nomination per John Williams ai Golden Globes per la Best Original Score e ai Grammy Awards, oltre che per il film (Best Foreign Film) agli Awards of the Japanese Academy. Titolo assegnato a Jean-Jacques Annaud dalla Guild of German Art House Cinemas. Unico altro vincitore fu Brad Pitt, Miglior Attore per i Rembrandt Awards.

Dove e quando. Alle 21.10 su Paramount Channel, canale 27 del digitale terrestre e della piattaforma satellitare TivùSat.