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Richard Gere a Taormina: “Ecco come è cambiato il cinema”

L'attore incontra il pubblico al festival siciliano e racconta l'ascesa da "ragazzo di provincia" a star internazionale

17.06.2015 - Autore: Marco Triolo (Nexta), da Taormina
La prima volta venni in Sicilia 15 anni fa con il Dalai Lama, quindi oggi è la mia prima visita ufficiale da attore”. Esordisce così Richard Gere di fronte al pubblico del Taormina Film Fest, che gli ha appena dato un caloroso benvenuto. 66 anni, 57 film alle spalle, Gere non è più “un ragazzo di provincia cresciuto in una cittadina vicino a Syracuse, New York”, ma è comunque emozionato perché “nei prossimi giorni visiterò Siracusa”.

Sorseggia un tè, portatogli dalla direttrice del festival in persona, Tiziana Rocca, e racconta: “Ho iniziato a lavorare come professionista a 19 anni, in teatro. Il mio primo film fu I giorni del cielo, per cui vinsi un David di Donatello. Ricordo che dietro le quinte incontrai Giulietta Masina, che se ne stava lì da sola. Fu incredibile per me ricevere quel premio circondato da molte delle icone che amavo da ragazzo, e stare a pochi passi dalla Masina fu pazzesco”. “Dopo aver girato i miei primi film – ricorda ancora – sono tornato a New York e ho visto che tre di questi erano proiettati sulla Third Avenue. Quello è stato il momento in cui ho fatto il grande salto e poi sono arrivare le interviste con la stampa internazionale. È così che ho incontrato anche la mia ragazza di allora, una splendida giornalista brasiliana che mi aveva intervistato”.


Gere al Taormina Film Fest

Tempi che sembrano più che mai lontani, e lo stesso Gere riconosce come fare cinema nel suo Paese sia molto diverso oggi: “In uno degli ultimi film che ho fatto, Time Out of Mind, interpreto un senzatetto. Avevamo a disposizione un budget appena sufficiente per girare 21 giorni. Nel cinema indipendente la media oggi è di 30 giorni, mentre un tempo con gli Studios sarebbero stati 45”. Ma le cose stanno così ora: “Ultimamente ho girato quattro film di fila, una cosa che non mi capitava da tanto. Si tratta di quattro soggetti che mi interessavano molto, e negli anni '70, quando ho iniziato, sarebbero stati fatti sicuramente dagli Studios, che allora producevano anche film più difficili, soggetti contemporanei, opere d'autore. Ma gli Studios non vogliono più fare quel tipo di film e oggi è necessario realizzarli come indie”.

Oltre a Time Out of Mind, in cui interpreta un senzatetto per le strade di New York, presto lo vedremo in Il segreto, con barba e capelli lunghi in un ruolo “eccentrico e inusuale”. Il film, ambientato nella Philadelphia odierna, è anche il debutto alla regia di Andrew Renzi, regista trentenne. “per un giovane regista è difficile emergere – spiega – Una cosa buona da fare è scriversi il proprio film, magari con un protagonista forte che attiri gente verso la produzione. Con Andrew abbiamo passato un sacco di tempo a conoscerci, parlare del più e del meno, fare prove formali e informali e soprattutto bere tanto tè. Così ho capito che potevo fidarmi di lui come regista”.


L'attore in Time Out of Mind: leggi qui la recensione del film

Una perla di saggezza da uno dei grandi del cinema americano? Eccola: “Un film è un essere vivente, e bisogna avere il coraggio di lasciare che cambi per diventare quello che deve essere. Il risultato finale può assomigliare all'idea iniziale, ma non è mai identico. Bisogna mantenere l'apertura mentale e difendere non il film che intendevi fare, ma quello che hai fatto. E poi è importante ascoltare il pubblico: ti dirà sempre se hai sbagliato qualcosa, se il ritmo è sbilanciato, se ci sono ripetizioni”. L'attore conclude raccontando del suo ultimo film: “Si chiama Oppenheimer Strategies, è diretto da un ottimo regista israeliano, Joseph Cedar, e racconta di Oppenheimer, un ebreo newyorchese che millanta di avere conoscenze altolocate perché vorrebbe essere incluso nella tavola dei potenti, in politica e in economia. È un film denso e difficile da descrivere, una delle sceneggiature più inusuali che abbia mai letto. Ho grandi aspettative”.
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