Il primo film internazionale di Gabriele Salvatores continua a sollevare polemiche, ma Educazione siberiana resta una storia dura ed estrema, una delle più personali del nostro regista Premio Oscar per Mediterraneo nel 1992. Una storia dall'origine letteraria, e ancor prima una storia (supposta) vera, che nella versione dell'entusiasta napoletano acquista meriti ulteriori.
Il film. Quella "siberiana" è uno strano tipo di "educazione". È un'educazione criminale, ma con precise e a volte sorprendentemente condivisibili regole d'onore. La storia si svolge in una regione del sud della Russia e abbraccia un arco di tempo che va dal 1985 al 1995. In quegli anni avviene uno dei più importanti cambiamenti della nostra storia contemporanea: la caduta del muro di Berlino e la conseguente sparizione dell'Unione Sovietica con tutto quello che questo evento ha poi comportato nei rapporti economici e sociali dell'intero pianeta. Racconta la storia di ragazzi che passano dall'infanzia all'adolescenza, e della comunità in cui sono cresciuti, un microcosmo molto particolare.
Dietro le quinte. Il film nasce dall'interesse di Salvatores per la storia scoperta nell'omonimo romanzo di Nicolai Lilin, inizialmente considerato biografico - con il racconto delle proprie infanzia e adolescenza tra i "Criminali Onesti" siberiani (come essi stessi si definiscono) - in tempi recenti vennero avanzate perplessità sulla sua attendibilità da storici e antropologi. Di certo, incontestabile fu l'origine degli attori: tutti - tranne Eleanor Tomlinson, Peter Stormare e John Malkovich, ovviamente - lituani ed esordienti. Proprio in Lituania (oltre che nella provincia di Rieti! Tra il Lago del Salto e i boschi del monte Terminillo e di Leonessa), d'altronde, venne girato il film, pur ambientato in Russia e in Siberia.
Perché vederlo. Perché è un film particolare nella filmografia del regista napoletano, spesso più orientata a fantastico e surreale, anche nel racconto della realtà storica. Un film scarno, duro, come le condizioni in cui è stato girato (anche a -30 gradi), e che forse dice molto di più di altri titoli della persona dietro l'artista. La frase centrale del film - "Folle volere troppo… Un uomo non può possedere più di quello che il suo cuore può amare" - è una sorta di filosofia dichiarata, che rende universale, al di là delle implicazioni sociali, una storia dal grande valore metaforico.
La scena da antologia. Al di là della spiegazione dell'importanza dei tatuaggi ("la storia di un uomo sul proprio corpo"), che affascinarono il pubblico all'uscita del film, e della rappresentazione di una etnia - vera o presunta - tanto particolare, resta affascinante il legame che i nostri protagonisti hanno con il proprio coltello, o 'picca', come chiarisce perfettamente la frase di Nonno Kuzja: "questa picca ti conosce fin dal giorno in cui sei nato. È la stessa lama usata per tagliare il cordone ombelicale che ti legava a tua madre. La picca è come la croce. Lei ci accompagna per l’intera nostra vita… E quando un criminale muore, la sua picca dev’essere spezzata. Una parta della lama va con lui, l’altra resta alla persona che lui ha amato di più a questo mondo… In questa maniera, nel giorno del giudizio, loro si possono ritrovare e possono ricongiungersi in pace".
I premi. Undici nomination ai David di Donatello (oltre a tre ai Nastri d'argento, due ai globi d'oro e tre al Ciak d'Oro) ne fecero uno dei film più interessanti della stagione, anche se purtroppo solo la colonna sonora di Mauro Pagani riuscì a vincere il premio per cui era candidata (in quel caso, ai Ciak d'Oro).
Dove e quando. Alle 23.14 su Iris, canale 22 del digitale terrestre e 11 della piattaforma satellitare TivùSat.
Il film. Quella "siberiana" è uno strano tipo di "educazione". È un'educazione criminale, ma con precise e a volte sorprendentemente condivisibili regole d'onore. La storia si svolge in una regione del sud della Russia e abbraccia un arco di tempo che va dal 1985 al 1995. In quegli anni avviene uno dei più importanti cambiamenti della nostra storia contemporanea: la caduta del muro di Berlino e la conseguente sparizione dell'Unione Sovietica con tutto quello che questo evento ha poi comportato nei rapporti economici e sociali dell'intero pianeta. Racconta la storia di ragazzi che passano dall'infanzia all'adolescenza, e della comunità in cui sono cresciuti, un microcosmo molto particolare.
Dietro le quinte. Il film nasce dall'interesse di Salvatores per la storia scoperta nell'omonimo romanzo di Nicolai Lilin, inizialmente considerato biografico - con il racconto delle proprie infanzia e adolescenza tra i "Criminali Onesti" siberiani (come essi stessi si definiscono) - in tempi recenti vennero avanzate perplessità sulla sua attendibilità da storici e antropologi. Di certo, incontestabile fu l'origine degli attori: tutti - tranne Eleanor Tomlinson, Peter Stormare e John Malkovich, ovviamente - lituani ed esordienti. Proprio in Lituania (oltre che nella provincia di Rieti! Tra il Lago del Salto e i boschi del monte Terminillo e di Leonessa), d'altronde, venne girato il film, pur ambientato in Russia e in Siberia.
Perché vederlo. Perché è un film particolare nella filmografia del regista napoletano, spesso più orientata a fantastico e surreale, anche nel racconto della realtà storica. Un film scarno, duro, come le condizioni in cui è stato girato (anche a -30 gradi), e che forse dice molto di più di altri titoli della persona dietro l'artista. La frase centrale del film - "Folle volere troppo… Un uomo non può possedere più di quello che il suo cuore può amare" - è una sorta di filosofia dichiarata, che rende universale, al di là delle implicazioni sociali, una storia dal grande valore metaforico.
La scena da antologia. Al di là della spiegazione dell'importanza dei tatuaggi ("la storia di un uomo sul proprio corpo"), che affascinarono il pubblico all'uscita del film, e della rappresentazione di una etnia - vera o presunta - tanto particolare, resta affascinante il legame che i nostri protagonisti hanno con il proprio coltello, o 'picca', come chiarisce perfettamente la frase di Nonno Kuzja: "questa picca ti conosce fin dal giorno in cui sei nato. È la stessa lama usata per tagliare il cordone ombelicale che ti legava a tua madre. La picca è come la croce. Lei ci accompagna per l’intera nostra vita… E quando un criminale muore, la sua picca dev’essere spezzata. Una parta della lama va con lui, l’altra resta alla persona che lui ha amato di più a questo mondo… In questa maniera, nel giorno del giudizio, loro si possono ritrovare e possono ricongiungersi in pace".
I premi. Undici nomination ai David di Donatello (oltre a tre ai Nastri d'argento, due ai globi d'oro e tre al Ciak d'Oro) ne fecero uno dei film più interessanti della stagione, anche se purtroppo solo la colonna sonora di Mauro Pagani riuscì a vincere il premio per cui era candidata (in quel caso, ai Ciak d'Oro).
Dove e quando. Alle 23.14 su Iris, canale 22 del digitale terrestre e 11 della piattaforma satellitare TivùSat.