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Nascosto nel buio

Robert De Niro al fianco del star undicenne Dakota Fanning (Mi Chiamo Sam, "La guerra dei due mondi") in thriller psicologico.

Nascosto nel buio

12.04.2007 - Autore: William Chioccini
Regia: John Polson con Robert De Niro, Dakota Fanning   New York, oggi. In seguito alla tragica e improvvisa morte della moglie, lo psichiatra David Callaway (Robert De Niro) decide di trasferirsi in campagna per allontanare Emily (Dakota Fanning), la figlia traumatizzata di nove anni, dai ricordi della vita a Manhattan con la madre. La bambina non sembra entusiasta dello spostamento, almeno finché non fa amicizia con un misterioso amico immaginario di nome Charlie.   Il titolo originale del film fa riferimento al nascondino, un gioco nel quale è fondamentale non farsi vedere. La pellicola appartiene dunque a quel filone cinematografico del non-visibile e del non-mostrato; gli autori hanno lavorato sul soggetto per sottrazione, negando allo spettatore l’immagine chiave di Charlie, l’amico, immaginario appunto, di Emily. Ciò che non si vede fa paura: e su questo primordiale impulso è costruito il delicato meccanismo che sostiene il film. La sceneggiatura è firmata dall’esordiente Ari Schlossberg e, pur risultando in alcuni punti troppo “corretta”, non delude; la regia è al servizio della storia e degli interpreti, ed è anch’essa molto corretta. La piccola Dakota Fanning (la figlia di Sean Penn in “Mi chiamo Sam”) interpreta Emily con intensità e spontaneità, risultando molto naturale; a De Niro tocca il ruolo del padre spaesato e in difficoltà, un dottore della mente che cerca di risolvere i problemi della figlia attraverso la via del cervello, accantonando la via del cuore. Il suo personaggio poteva essere maggiormente approfondito; De Niro, che poteva dare di più, appare a volte limitato dal proprio ruolo.   “Abbiamo cercato di fare un thriller che non si prenda gioco del pubblico”, dice il regista, John Polson. L’obiettivo è stato sicuramente centrato: “Nascosto nel buio” è un film costruito molto bene, capace di mantenere fino in fondo una certa tensione. Se gli si può rimproverare qualcosa è appunto l’eccessiva correttezza formale: mancano quei colpi di genio capaci di rendere un film indimenticabile.