Chiunque si illuda che i coccodrilli piangano veramente, non è del tutto al corrente di come funzionano i meccanismi della natura (e dell’informazione). È sostanzialmente per questo motivo che l’intento di questo articolo vorrebbe essere tutt’altro che quello di unirsi alle (tantissime, troppe?) voci, immagini e quant’altro, che si sono levate da ogni dove per la tragedia che ha colpito Pietro Taricone, pronte per far commuovere e costruite in modo tale da riproporre la stantia immagine del defunto beatificato, con tanto di codazzo di presunti amici e colleghi muniti di fazzoletto d’ordinanza. Senza interferire con il dolore vero dei suoi cari, ai quali va tutto il rispetto possibile, sarebbe bello analizzare la parabola di un personaggio unico per il mondo dello spettacolo italiano, e non tanto e non solo per le sue capacità di recitazione o di presenza scenica, quanto piuttosto per il fatto di essere “sbocciato” dentro uno schermo televisivo come se stesso, come “Pietro del Grande Fratello”, in quella prima edizione di dieci anni fa.
Il “miracolo” che si era compiuto nel corso della prima edizione del fortunato programma, era stato infatti proprio quello di presentare al pubblico personaggi (ma Pietro in particolare si era messo in luce su tutti per la sua vulcanica personalità e per il suo essere fuori dagli schemi) ancora non indottrinati e smaliziati, così diversi da quella che in seguito è stata definita la “generazione Grande Fratello”. Pietro aveva rappresentato per la tv italiana qualcosa di assolutamente nuovo, per il suo modo di esprimersi e per quella capacità di rimanere se stesso anche davanti ai mille occhi delle telecamere della casa. Vincitore morale del primo “Grande Fratello”, era apparso subito chiaro ai più che la sua collocazione nel mondo dello spettacolo non sarebbe stata una passeggiata, tanto che l’immagine che più è rimasta nella mente è quella del suo vedersi come un pesce fuor d’acqua in una serata a “Matrix” a lui dedicata, dove si era sentito vittima di una specie di complotto. Delle comparsate insieme agli altri “gieffini” non voleva sentirne parlare; i suoi sogni sembravano quello di imparare a recitare e quello di poter esprimere pubblicamente le proprie opinioni, difendendole caparbiamente davanti a chiunque.
L’ostinazione nel perseguire la sua idea di carriera aveva solo negli ultimi tempi trovato le conferme che lui stesso si aspettava. Dopo una serie di progetti sul piccolo e sul grande schermo, aveva infatti trovato fortuna con il ruolo di Ermanno Russo in “Tutti pazzi per amore”, dove forse era riuscito a tirare fuori il meglio di sé, e aveva suscitato anche un certo interesse nelle inconsueta veste di opinionista/battitore libero in “Niente di personale”, su La7, con quelle pillole surreali condensate nella rubrica “Pietro la notizia”, nella quale si riusciva a intravedere qualcosa di quel “vecchio Pietro” conosciuto attraverso le telecamere del reality show del 2000.
E quello stesso piccolo schermo che gli aveva dato i natali, e che l’aveva fatto assurgere al ruolo di personaggio di dominio pubblico, ne ha celebrato la scomparsa prescindendo praticamente del tutto dal suo lato umano, rimasticando e riproponendo (nella maggior parte dei casi) le sue performance televisive (scegliendo naturalmente con cura le più piccanti e discutibili) come solo un elettrodomestico avrebbe saputo fare. Quel Pietro Taricone che era sbocciato dieci anni fa, come icona di se stesso, è apparso così come una proprietà dello stesso mezzo televisivo, e dei “sentimenti” dei tanti coccodrilli dell’informazione.


NOTIZIE
Coccodrilli
La commozione per la morte scioccante di Pietro Taricone ha travolto il pubblico, ma l'immagine e il ricordo della persona sono stati fagocitati da un meccanismo televisivo che sembra rivendicare una proprietà...

01.07.2010 - Autore: Francesco Benincasa