Nella storia cinematografica americana, ma più in generale in quella del cinema mondiale, Francis Ford Coppola ha rappresentato un momento fondamentale, imprescindibile. Più dei suoi “compagni” Scorsese, Spielberg, Lucas o De Palma, egli ha riscritto l’estetica ed ha re-impostato i meccanismi produttivi di Hollywood, rischiando più di tutti, e molto spesso pagando di persona per i propri fallimenti, comunque sempre legati a progetti radicalmente coraggiosi. Coppola è stato colui che ha impresso nell’immaginario contemporaneo il concetto di “autore” a tutto tondo.
Di conseguenza, tornare in sala per vedere dopo dieci anni un lungometraggio da lui diretto è un’emozione unica, che prescinde quasi dall’effettiva riuscita dell’opera stessa. Già, perché questo suo nuovo “Un'altra giovinezza”, presentato in anteprima mondiale alla Festa del cinema di Roma., è un film abbastanza deludente; ma, come succede sempre quando questo regista ha fallito, per eccesso di idee, di generosità. Il problema fondamentale è che la materia narrativa – scaturita dal romanzo di Mircea Eliade - è talmente vasta e difficile da condensare in una sceneggiatura, che alla fine ci si è persi in un pamphlet che mette troppa carne al fuoco per poi gestirla con coerenza.
Eppure la storia dell’anziano professor Matei (Tim Roth) - studioso orientalista ossessionato dalla ricerca delle origini del linguaggio – che colpito da un fulmine subisce un inspiegabile processo di ringiovanimento, e scopre le potenzialità e le inquietudini della sua condizione, aveva tutte le potenzialità per essere affascinare. Finché infatti la trama principale rimane incentrata su questa vicenda, il film funziona abbastanza bene, sorretto da un’idea di regia semplice ed insieme desiderosa di sperimentale nuovamente la totale libertà creativa che contraddistingueva i primi lavori di Coppola; quando però la vicenda si muove verso l’indagine più filosofica che riguarda la scoperta degli albori del linguaggio - quindi della nascita della civiltà umana – il lungometraggio diventa affettato, e sfiora in molte parti la noia. Anche la magistrale interpretazione di Tim Roth non riesce più da sola a sorreggere la pellicola, che frana in una seconda parte prolissa e farraginosa.
“Un'altra giovinezza”, seppur non riuscito, rispecchia fedelmente l’anima del suo creatore, e come egli rappresenta un qualcosa di strabordante, che finisce per perdersi dietro alle troppe fascinazioni che vorrebbe mostrare al pubblico. Preciso ed affascinante nella prima parte, il film si perde invece nella seconda, rivelandosi discontinuo nella narrazione e troppo pretenzioso nella messa in scena. Probabilmente lo stesso Coppola non si è accorto dell’ampiezza contenuta del progetto, e non è riuscito ad adattare sé stesso e la storia ad una forma più “piccola” che sarebbe stata decisamente più consona. Della proiezione odierna rimangono comunque l’emozione ed il privilegio di aver visto di nuovo al cinema un lavoro di Francis Ford Coppola.
NOTIZIE
Un'altra giovinezza - La nostra recensione
Francis Ford Coppola dopo dieci anni di silenzio torna con "Un'altra giovinezza" un film ambizioso e suggestivo che non convince fino in fondo
21.10.2007 - Autore: Adriano Ercolani