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Top Five: buon compleanno, Clint!

Clint Eastwood festeggia i suoi ottant'anni dietro la macchina da presa, a fare quello che ha sempre fatto: dirigere nuovi film. Noi ripercorriamo la sua ormai mitica carriera attraverso cinque tra le sue migliori prove da regista.

Clint Eastwood

31.05.2010 - Autore: Marco Triolo
Il 31 maggio 1930 nasceva a San Francisco Clint Eastwood, il mito, la leggenda vivente. Oggi compie ottant’anni e nessuno sembra in grado di fermarlo: la sua vita l’ha dedicata totalmente al cinema e attualmente è un prolifico regista. Di recente ha diretto “Invictus”, ma sta per tornare ancora dietro la macchina da presa per il suo primo thriller paranormale, “Hereafter”, e per il biopic “Hoover”. Come attore, ai tempi d’oro Eastwood azzeccò una serie di ruoli entrati nella leggenda: l’Uomo senza nome della trilogia del Dollaro di Sergio Leone, l’ispettore “Dirty” Harry Callaghan e il detenuto Frank Morris in “Fuga da Alcatraz”. E questo nonostante Leone dicesse di lui che fosse un attore con due espressioni, “con e senza cappello”. Noi auguriamo il nostro “buon compleanno” a Clint rivisitando cinque film che ne hanno segnato la carriera di regista.

Clint Eastwood in Gran Torino

5. “Gran Torino” (2008)
Prima di storcere il naso pensando che, in quanto film recentissimo, “Gran Torino” non dovrebbe stare nella nostra Top Five, pensate a cosa questo film rappresenta: è il culmine di una carriera tra le più prolifiche del cinema americano, e forse l’ultima pellicola in cui vedremo recitare Eastwood. Nel burbero veterano della guerra in Corea Walt Kowalski si nasconde lo spettro di un invecchiato e dolorante Callaghan, intento a lucidare in modo maniacale la sua auto sportiva, come fossero le vestigia di un passato ormai sepolto. C’è dunque il Clint eroe d’azione, c’è il Clint regista e c’è il Clint uomo, perché “Gran Torino” pare l’ultima tappa di un percorso personale: da conservatore a cantore di un’America fatta di diversità e tanta voglia di convivere per creare un futuro migliore per tutti. Il finale cancella la sete di vendetta di Callaghan e pone in primo piano la giustizia e il bisogno di sacrificarsi affinché le utopie possano realizzarsi. Un grande messaggio da un grande uomo, che sigilla la sua carriera con classe.

Clint Eastwood e Hillary Swank in Million Dollar Baby

4. “Million Dollar Baby” (2004)

Uno dei film più coraggiosi del regista, “Million Dollar Baby” parte come parabola sportiva e termina come film sull’eutanasia. La storia è quella della pugile Maggie Fitzgerald (Hilary Swank), che diventa una campionessa sotto la sapiente guida dell’anziano coach Frankie Dunn. Dunn è il tipico personaggio che Eastwood interpreta spesso nelle sue opere più recenti: un anziano un po’ burbero che si lascia trascinare da eventi più grandi di lui, fino ad aprire la sua visione e comprendere cose che prima rifiutava. In lui brucia un fuoco interiore, una giovinezza che si nasconde pulsante dentro un corpo ormai in disfacimento, così non gli resta che proiettare questa sua energia vitale verso la sua nuova pupilla. Ma poi la tragedia colpisce, e come in “Mystic River” sembra che la speranza di farcela, il Sogno Americano, sia ancora una volta negata. Eppure “Million Dollar Baby” segna un’ulteriore tappa in un percorso personale che si concluderà con “Gran Torino”: il futuro non appare più così nero, e forse anche i perdenti possono avere una seconda possibilità, per cambiare la propria vita e raggiungere un po’ di quella felicità che sembrava sempre troppo lontana.

Clint Eastwood e Morgan Freeman in Gli spietati

3. “Gli spietati” (1992)

Il film di Eastwood più celebrato agli Oscar (ha vinto quattro statuette, tra cui miglior film e regia) è anche un’occasione per chiudere il cerchio: al western, Clint deve la sua fama e quindi appare logico che il regista sia tornato al genere in tarda età. “Gli spietati” è un western magnifico: Eastwood applica la sua formula degli “anziani al potere” (che si vedrà anche in “Space Cowboys”) per raccontare la parabola di un gruppo di scalcagnati ex banditi in partenza per quella che sarà l’ultima missione della loro vita. C’è aria di redenzione per William Munny (Eastwood) e il suo compare Ned Logan (Morgan Freeman), che da tempo hanno appeso le pistole al chiodo. Ma come spesso accade nel cinema del regista californiano, la distinzione tra bene e male non è così netta: lungi dall’essere figure mitiche, i cavalieri solitari di Eastwood sembrano più dei disperati alla vana ricerca di un po’ di denaro per sopravvivere, piuttosto che degli esempi di morale eroica. Il mito del West viene decostruito, ridimensionato, ma il film ne giova, perché Eastwood restituisce umanità a un genere ormai stantio ed emerge finalmente come autore a tutto tondo.

Clint Eastwood e Sean Penn sul set di Mystic River

2. “Mystic River” (2004)

La morte del Sogno Americano in un film dai toni cupi e strazianti: questo in poche parole è “Mystic River”, il ritratto più dolente fatto da Eastwood degli Stati Uniti. Sceneggiato da Brian Helgeland e tratto da un romanzo di Dennis Lehane, “Mystic River” racconta la storia di tre amici, che si trovano ai ferri corti venticinque anni dopo che un evento traumatico ha cambiato per sempre le loro vite. Dave (Tim Robbins), violentato da piccolo da una coppia di pedofili, viene sospettato dell’omicidio della figlia di Jimmy (Sean Penn), mentre Sean (Kevin Bacon) indaga sul delitto. Quella di “Mystic River” è però un’America in cui la giustizia non esiste più, in cui “l’innocenza forse non è mai esistita, le colpe non si lavano e il passato non si cancella” (Il Mereghetti). Eastwood dirige una vera e propria tragedia, interpretata da un manipolo di grandi attori – su tutti Robbins e Penn, vincitori dell’Oscar – e si pone come ultima grande voce morale del cinema USA. Da confrontare con “Sleepers”, ma anche con “Un mondo perfetto”.

Clint Eastwood dirige Kevin Costner nel magnifico Un mondo perfetto

1. “Un mondo perfetto” (1993)

Ci sarà chi, ancora una volta, griderà allo scandalo, ma la Top Five è nostra e al primo posto mettiamo chi ci pare! Come in altri film di Eastwood (“Million Dollar Baby” e “Mystic River”, soprattutto), anche in “Un mondo perfetto” la tragedia del singolo diventa quella di un’America che sotto la superficie nasconde un volto aberrante. I protagonisti qui sono un ragazzino (T.J. Lowther) e il suo rapitore (Kevin Costner, all’apice della sua carriera). Tra i due si instaura uno strano rapporto di amicizia, poiché entrambi sono dei figli senza padre: l’America delle famiglie felici da sitcom televisiva è lontana anni luce. La fuga di Butch si svolge pochi giorni prima della morte di Kennedy a Dallas: due tragedie, una personale e l’altra nazionale, si incastrano l’una nell’altra a indicare che, davvero, forse il Sogno era solo una vana utopia e i perdenti non potranno mai avere una seconda occasione. Resta solo uno spiraglio di luce: quell’inquadratura finale sullo sguardo di Phillip ci fa pensare che, forse, quel ragazzino timido a cui la madre impediva di giocare a “dolcetto o scherzetto” ha finalmente conosciuto il mondo attraverso gli occhi di un adulto, e farà del suo meglio per renderlo un posto migliore. Non sarà “un mondo perfetto”, ma almeno ci si andrà dannatamente vicini.

Per saperne di più
Gli ottanta anni di Clint Eastwood
Clint Eastwood - A Life in Pictures

Invictus - La nostra recensione