Quasi 45 anni dopo L'esorcista del 1973, William Friedkin torna ad affrontare le tematiche con cui - nel film diventato di culto e seguito da altri due capitoli e una recente serie tv - ha terrorizzato diverse generazioni di spettatori. E in The Devil and Father Amorth racconta il suo incontro con il cosiddetto "esorcista del Vaticano", scomparso da circa un anno, ma al centro di uno strano documentario, girato tra Los Angeles e Alatri, in Ciociaria, nella provincia di Frosinone.
Qui si svolge la vicenda della posseduta Cristina, scelta dal regista per intervallare i pareri di neurologi e specialisti vari sulle patologie ricorrenti nei malcapitati come lei e gli interventi riguardanti lo stesso padre Gabriele Pietro Amorth da Modena, nella preparazione ed esecuzione del suo nono intervento - o esorcismo - sulla giovane. Un esorcismo che viene proposto come 'tipico', ma che proprio in questo senso fa dubitare della propria sincerità.
Per reiterazione, per partecipazione, per costruzione, per tecnica (soprattutto per quel che riguarda la parte audio, sui cui i molti assertori della sua veridicità puntano per conquistarsi la ragione) i dubbi restano molti. A prescindere dalle opinioni che ciascuno possa avere sulla validità di una terapia riproposta nove volte - evidentemente senza risultati - e sulla verosimiglianza, o esistenza, del problema alla radice, e nonostante resti interessante il nuovo taglio dato da Friedkin alla storia raccontata dallo scomparso William Peter Blatty nel suo celebre libro (allora unica fonte nel raccontare una esperienza che solo ora il regista ammette di aver vissuto direttamente, quella dell'esorcismo, appunto).
Dubbi restano anche sull'organizzazione del materiale e la scelta del tono della narrazione. Tanto classica nella proposizione dei contributi degli esperti, quanto piatta (volutamente, a far risaltare il soggetto osservato) nel momento affidato allo show della ragazza 'malata'. Ma certo, ripensando al Friedkin arrivato alla Mostra di Venezia tra il 2011 e il 2013 per portare il geniale Killer Joe e ritirare il Leone d'Oro alla Carriera, forse il risultato sarebbe stato più godibile se avesse proseguito con il ritmo e il dinamismo visivo dell'incipit. Nel quale vediamo regista in versione American Gothic presentare i luoghi del 'delitto', prima di scegliere di giocare con l'ambiguità del tema e con la disponibilità dei tanti fan del suo cult.
Qui si svolge la vicenda della posseduta Cristina, scelta dal regista per intervallare i pareri di neurologi e specialisti vari sulle patologie ricorrenti nei malcapitati come lei e gli interventi riguardanti lo stesso padre Gabriele Pietro Amorth da Modena, nella preparazione ed esecuzione del suo nono intervento - o esorcismo - sulla giovane. Un esorcismo che viene proposto come 'tipico', ma che proprio in questo senso fa dubitare della propria sincerità.
Per reiterazione, per partecipazione, per costruzione, per tecnica (soprattutto per quel che riguarda la parte audio, sui cui i molti assertori della sua veridicità puntano per conquistarsi la ragione) i dubbi restano molti. A prescindere dalle opinioni che ciascuno possa avere sulla validità di una terapia riproposta nove volte - evidentemente senza risultati - e sulla verosimiglianza, o esistenza, del problema alla radice, e nonostante resti interessante il nuovo taglio dato da Friedkin alla storia raccontata dallo scomparso William Peter Blatty nel suo celebre libro (allora unica fonte nel raccontare una esperienza che solo ora il regista ammette di aver vissuto direttamente, quella dell'esorcismo, appunto).
Dubbi restano anche sull'organizzazione del materiale e la scelta del tono della narrazione. Tanto classica nella proposizione dei contributi degli esperti, quanto piatta (volutamente, a far risaltare il soggetto osservato) nel momento affidato allo show della ragazza 'malata'. Ma certo, ripensando al Friedkin arrivato alla Mostra di Venezia tra il 2011 e il 2013 per portare il geniale Killer Joe e ritirare il Leone d'Oro alla Carriera, forse il risultato sarebbe stato più godibile se avesse proseguito con il ritmo e il dinamismo visivo dell'incipit. Nel quale vediamo regista in versione American Gothic presentare i luoghi del 'delitto', prima di scegliere di giocare con l'ambiguità del tema e con la disponibilità dei tanti fan del suo cult.